Bardi: pace per Gaza e per tutti i popoli

Il Presidente interviene in Consiglio regionale su quanto sta accadendo da tempo in Medio Oriente. "Il conflitto israelo-palestinese dura da troppo tempo. È una ferita aperta da generazioni, alimentata dal senso di insicurezza che ha finito per cristallizzare l’instabilità".

Tutte le notizie di

Di seguito l’intervento del Presidente Vito Bardi su Gaza durante la seduta del Consiglio regionale di oggi 

Signor Presidente del Consiglio, gentili Consiglieri, oggi prendiamo la parola non solo come rappresentanti delle istituzioni, ma come cittadini e persone, profondamente colpite da quanto accade da mesi in Medio Oriente, e in particolare nella Striscia di Gaza. Un conflitto che non è solo geopolitica, ma è tragedia umana, sofferenza reale, vite spezzate.

Le immagini che ci giungono ogni giorno raccontano una crisi drammatica: civili sotto le macerie, ospedali assediati, bambini che non avranno futuro. Davanti a tutto questo, è nostro dovere affermare con forza che il fuoco va fermato subito, senza condizioni. È l’unica strada per restituire dignità ai popoli coinvolti e costruire un orizzonte di speranza.

È evidente che il diritto alla sicurezza di ogni popolo, compreso quello di Israele, deve essere garantito. Ma altrettanto evidente è che la tutela della popolazione civile e il rispetto del diritto internazionale umanitario devono restare principi irrinunciabili. La risposta a un atto di violenza non può mai diventare devastazione totale.

In questo senso, il Governo italiano si sta muovendo con responsabilità e misura, in linea con la tradizione diplomatica del nostro Paese. Come ha ricordato anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, la soluzione non può essere imposta per via unilaterale, ma va costruita insieme, attraverso un reale percorso politico, che porti a una coesistenza duratura tra due Stati e due popoli.

È un principio che condividiamo: il riconoscimento di uno Stato deve corrispondere all’effettiva capacità di garantire pace, stabilità e convivenza. Non serve rincorrere gesti simbolici, ma lavorare con serietà per creare le condizioni concrete affinché uno Stato palestinese possa nascere e vivere in pace, riconosciuto e rispettato, così come lo deve essere Israele.

Tutto questo però richiede una riflessione profonda, più ampia: quando si arriva alla guerra, significa che la diplomazia ha fallito. E insieme ad essa hanno fallito le grandi istituzioni internazionali: l’ONU, la comunità delle nazioni e anche l’Europa. È un fallimento collettivo, un fallimento dell’uomo.

Il conflitto israelo-palestinese dura da troppo tempo. È una ferita aperta da generazioni, alimentata dal senso di insicurezza, da un reciproco timore che ha finito per cristallizzare l’instabilità. Finché la paura sarà la lingua dei rapporti internazionali, non ci sarà mai pace. È tempo che la comunità internazionale affronti finalmente, e una volta per tutte, questa crisi con il coraggio della verità e il rispetto per la vita. Non per interessi geopolitici, ma per le persone, per la dignità di ogni uomo, donna e bambino coinvolto.

Come Regione, sappiamo bene che le nostre competenze dirette su questioni di politica estera sono limitate. Ma non è limitato il nostro senso di umanità. E non è limitata la nostra responsabilità nel sostenere l’azione del Governo nazionale, che ha oggi il dovere e la possibilità di farsi sentire sui tavoli internazionali, affinché si avvii un percorso di ricostruzione fisica e morale nei territori colpiti. Non si tratta solo di ricostruire case, ma anche fiducia. Non basta ricostruire scuole o ospedali, bisogna ricostruire un senso comune di pace.

Come ha più volte ricordato Papa Francesco, “non ci si abitui alla guerra: si abbia il coraggio della pace”. A nome della Basilicata, voglio dire che noi questo impegno lo sentiamo. E che da questo Consiglio regionale, oggi, si alzi una voce chiara, mite ma ferma: sia pace per Gaza, sia pace per Israele, sia pace per tutti i popoli del mondo.

    Condividi l'articolo su: