Il capogruppo di Io amo la Lucania riporta i dati della Corte dei Consi sull’industrializzazione delle aree terremotate
La Corte dei Conti, in Sezione del Controllo, Collegio III, nell’adunanza del 15 dicembre 2000, “deliberava di approvare la relazione allegata alla presente deliberazione che ne forma parte integrante, concernente la gestione fuori bilancio di cui all’art.32 della legge n.219/81, che prevede la concessione di contributi erogati per incentivare gli insediamenti industriali e favorire la ripresa produttiva dei territori colpiti dal sisma del novembre 1980 e febbraio 1981, dichiarava per i profili indicati negli appositi paragrafi della relazione: la non regolarità e la non conformità a legge della gestione fuori bilancio sopra indicata e per le ragioni e nei limiti indicati nella relazione, l’antieconomicità della gestione, i ritardi nell’esecuzione, l’inefficace ed inefficiente modalità organizzatoria dell’azione amministrativa”.
Per il capogruppo di Io Amo la Lucania in Consiglio regionale, Alfonso Ernesto Navazio, “è il pesante giudizio espresso dieci anni fa. Impietoso. Lascia allibiti. Ci sono stati degli ulteriori aggiornamenti. Il giudizio pesantemente negativo rimane. Una indagine che, a distanza di venti anni dall’evento sismico che investì la nostra regione, si prefiggeva di valutare lo stato di attuazione degli interventi finanziati con l’art.32 della mitica legge 219/81. Una norma indirizzata a favorire la ripresa produttiva dei territori colpiti dal sisma e volta ad assegnare benefici economici alle imprese che si sarebbero insediate costruendo stabilimenti industriali. Sfogliando la voluminosa relazione (239 pagine) c’è da rimanere ammutoliti. Soldi messi a disposizione: tanti. Uno Stato generosissimo con i suoi figli. 900 miliardi di lire all’inizio. Cinquemila miliardi alla fine. Le opere necessarie alla realizzazione dei nuclei industriali e le opere esterne furono affidate in concessione ad imprese e consorzi di imprese, raggruppamenti ed associazioni temporanee di imprese e furono realizzate complessivamente 20 aree industriali distribuite tra le province di Avellino (8), Potenza (8) e Salerno (4). La previsione iniziale era stata valutata in lire 313 miliardi. L’importo della spesa effettiva è risultata pari a 3500 miliardi ossia ben undici volte quello previsto! Un inciso: per le aree della provincia di Potenza a fronte di 148.6 miliardi di lire, affidati convenzionalmente ai concessionari, la spesa effettiva è stata superata di circa otto volte (Lire 1.168 miliardi)”.
“I nomi dei concessionari – prosegue Navazio – erano e sono noti. Il metodo della distribuzione (partitica) pure. Gli arricchiti un po’ meno. Per non parlare della gestione delle stesse. Si legge ancora che i beneficiari delle iniziative industriali sono risultati 137 per una spesa complessiva di 924 miliardi su un importo impegnato di 964 miliardi. 52 hanno avuto il collaudo finale e l’ammissione definitiva a contributo, 20 risultavano avere ancora i lavori in corso (a distanza di venti anni!), 65 hanno avuto la revoca del contributo. Interessante il quadro della realtà economica sotto il profilo dei settori di attività che hanno beneficiato dell’intervento pubblico: edilizia, chimica, alimentare, metallurgia / siderurgia, metalmeccanica, elettronica, abbigliamento, legnami, carta, manifatturiera, servizi, elettromeccanica, tipografia, zootecnia / agricoltura, farmaceutica, trasformazione dei rifiuti, arredamenti e conceria. Di tutto di più. Senza un visione di sviluppo. Senza un filo conduttore. Senza una pianificazione e organizzazione degli interventi”.
Conclusione: “l’obiettivo del legislatore era quello di stimolare le imprese del nord a trasferire impianti e investimenti nel mezzogiorno, in modo da sollecitare la crescita dell’imprenditoria locale, ma ciò non si è realizzato visto che molte imprese hanno considerato la legge un’ occasione per accedere a finanziamenti pubblici, ed esse, ottenuto il consistente acconto iniziale, pari al 90%, non hanno portato a termine l’iniziativa …”.
“Un monito da tenere sempre presente – conclude Navazio – nelle discussioni. Evidenziando il saccheggio subìto. Non trascurando di sottolineare i tanti nostri errori: l’eccesso di aspettative sui risultati che determinare il sovradimensionamento delle risorse, l’intermediazione parassitaria tra pubblica amministrazione e mondo esterno e soprattutto la mancanza della cultura dei risultati. Perché l’unico risultato che le amministrazioni pubbliche riconoscono è solo la quota di risorse effettivamente destinate e spesa. A distanza di 30 anni parliamo ancora dei mali delle classi dirigenti. Ma era così anche prima”.