Sviluppo: Analisi e indicazioni per pilastri del “Capacity Lab”

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I risultati dell’attività del gruppo di lavoro guidato da Ron Boshma per dare elementi di programmazione alla Basilicata

Non solo l’indicazione dei campi su cui agire, ma un’attenta analisi della situazione, delle criticità e delle opportunità e l’indicazione di strumenti e modalità per essere efficaci in ognuno dei quattro “pilastri”, ossia competitività regionale, innovazione e sviluppo distrettuale; ambiente, turismo e prodotti agricoli; energia; e istruzione, servizi sociali e mobilità. È il prodotto del “Capacity Lab” guidato da Ron Boshma.
Sulla competitività ad esempio, già appare chiaro che la possibilità di una strategia di successo a lungo termine “dipende dalla capacità delle regioni di garantire la mobilità fisica ed economica della comunità locale, di permettere il passaggio verso un’economia della conoscenza, di sfruttare maggiormente le potenzialità delle specializzazioni industriali e dei distretti o cluster nonché di diversificare l’economia regionale attraverso la varietà della attività industriali presenti e degli scambi tra le industrie locali complementari. In tale contesto, il pilastro 1 si fonda su quattro settori che probabilmente influiranno sulla competitività della Basilicata, in quanto mirano a costruire le potenzialità regionali e ad affrontare le difficoltà esistenti: (1) infrastrutture fisiche; (2) apprendimento intra e interorganizzativo; (3) sviluppo cluster-based ; e (4) diversificazione regionale”.Un tema, quello delle infrastrutture, già noto in regione. Piccoli centri e pochi collegamenti, e il suggerimento è quello di migliorare i collegamenti ferroviari verso Salerno, Napoli e Foggia e, specie per sostenere il turismo, verso gli aeroporti di Salerno Napoli e Bari. Con un avvertenza: “Poiché la Commissione Europea finanzierà pochissimi investimenti sulle infrastrutture durante il prossimo periodo di programmazione – sostiene la relazione Boshma – è importante selezionare i progetti molto attentamente. Raccomandiamo pertanto di concentrare le risorse finanziarie su quei progetti che mirano a collegare i distretti industriali ai più importanti nodi ferroviari, autostradali e aeroportuali”.
E sul versante della competitività grande importanza viene anche riservata alle connessioni Internet al potenziamento di conoscenza e innovazione nei processi d’impresa, ad un sempre crescente rapporto tra le realtà delle formazioni e quelle del lavoro.
E sempre in tema di competitività, vengono anche individuati i distretti produttivi esistenti in Basilicata (dall’Auto a Melfi, al Salotto murgiano, dalla ricerca tecnologica alle risorse culturali e naturali, dai distretti agricoli a quello dell’energia in Val d’Agri) da cui partire per sviluppare il sistema. Partire e non limitarsi perché, ad esempio, per quel che riguarda l’auto, lo studio mette in guardia dal rischio di dipendenza del distretto dalla sola casa automobilistica, spingendo invece ad individuare altri possibili sviluppi che mettano a valore le specificità delle aziende dell’indotto anche per sviluppare altre lavorazioni. E più in generale, per ogni distretto sono state già individuate le potenzialità trasversali delle relative industrie che andrebbero sviluppate ulteriormente, grazie ad azioni quali la valorizzazione delle aziende dell’indotto, il trasferimento di conoscenza possibile anche con la circolazione di forza lavoro e il sostegno alle reti di ricerca collettive.
Discorso a parte, invece, va fatto per il turismo. “La Basilicata possiede punti di forza unici (per es. bellezze naturali, patrimonio culturale e artistico, design e gastronomia) che insieme – si legge nello studio – rappresentano un grosso potenziale di crescita per il turismo. Il turismo in Basilicata non è ancora molto sviluppato in quanto la maggior parte dei visitatori ha un basso livello culturale e proviene dalle regioni vicine. Con questo si deduce che la regione non viene pubblicizzata molto come meta turistica. Le difficoltà per l’industria del turismo in Basilicata sono: la perifericità, difficoltà a raggiungere alcuni luoghi, concorrenza con le mete italiane più conosciute a livello mondiale nonché un’ospitalità non sofisticata”. Ma quella che viene individuata come una criticità non è un’inesorabile condanna, anzi, il gruppo di lavoro avverte che “la cura attenta di questi dettagli può trasformare queste debolezze in punti di forza in quanto la regione può vendere il suo autentico e incontaminato ambiente naturale e urbano e la sua natura non globalizzata e del tutto italiana, tanto da diventare una meta per un “ammiratore seriale dell’Italia” – il prossimo luogo da vedere dopo che altri siano stati già visti – e per un turismo di elite piuttosto che di massa”.E anche per questo settore vengono individuati assi su cui lavorare che vanno dall’accessibilità alla riconoscibilità dell’offerta, da nuove politiche di marketing ad una maggiore integrazione nella promozione di turismo, ambiente ed enogastronomia.
Per quel che riguarda il terzo pilastro, il modello è quello già dichiarato a livello Regionale, ossia far sì che la produzione di energia da fonte fossile sviluppata per la presenza di idrocarburii in Val d’Agri vada ad inserirsi in un più ampio progetto che guarda alle rinnovabili, non solo al solare, ma anche eolico, idroelettrico e biomasse, con un particolare interesse da parte degli estensori del piano proprio per quest’ultima in virtù del possibile ulteriore sviluppo di “una filiera di energia boschiva sostenibile”. E degne di nota vengono ritenute anche azioni già messe in campo o avviate a livello regionale sul fronte del risparmio energetico, come l’efficientamento degli edifici pubblici con un aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili a loro servizio, e anche le politiche di incentivo all’efficientamento energetico degli edifici privati, già previste in alcuni Piani d’azione per l’energia sostenibile dei comuni.
Di tutto rilievo viene anche giudicata l’azione politica di negoziazione con le compagnie petrolifere per un maggiore coinvolgimento delle aziende locali, individuando come possibile soluzione “piani di gestione locale” di questi aspetti sulla linea di quanto fatto con il contratto di Settore della Val d’Agri con Eni.
Non meno importante, proprio sotto il profilo dello sviluppo, è il quarto “pilastro”, che “mira a sviluppare una serie di obiettivi strategici e di opzioni di politiche per migliorare l’offerta regionale dei servizi per il welfare personale e l’occupabilità nella regione Basilicata con un’attenzione particolare all’istruzione e alla formazione professionale, ai servizi sociali e alla mobilità”. E in particolare l’accento va sulle politiche di mobilità, perché “i trasporti svolgono un ruolo importante nel massimizzare un efficiente incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro, competenze e servizi sociali. La maggior parte dei servizi sono forniti nelle città, mentre parte della (debole) domanda è localizzata all’interno. Le misure politiche dovrebbero aumentare i collegamenti interni e l’accessibilità dei mezzi di trasporto nei luoghi dove vi sono i servizi sociali e i servizi della formazione”. E sul fronte delle competenze bisognerebbe lavorare anche sullo spiazzamento dell’offerta e di domanda di professionalità e prevedere percorsi tendenti all’inserimento nel mercato di alte professionalità di cui, spiegano i ricercatori, la Basilicata è esportatrice.
Indicazioni che devono essere da guida per quanto possibile nelle azioni da mettere in campo a partire dalla programmazione dei fondi europei, ma non solo. “Non ci si può aspettare – conclude il documento – che una nuova strategia di sviluppo regionale sia implementata completamente nell’immediato e più probabilmente soltanto in parte e in varie fasi. Occorre anche evidenziare che la strategia proposta basata su un migliore sfruttamento delle potenzialità non utilizzate della regione andrà ben oltre lo scopo e il tempo di un programma operativo nell’ambito della politica di coesione 2014-2020 che sarà finanziata dai fondi strutturali europei. Pertanto, i meccanismi di governance ai fini dell’implementazione della strategia nel suo complesso dovrebbero andare oltre i requisiti di gestione previsti dal quadro legale della politica di coesione europea”.

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