Il monito lanciato da Milano da Francis Ford Coppola – “Il governo paghi i lucani per il petrolio" – ha avuto l’effetto mediatico di riaccendere l’attenzione nazionale ed internazionale sul paradosso tutto lucano di una regione che produce ricchezza per il Paese e povertà per le sue comunità. Lo afferma Vittorio Prinzi, presidente dell’Associazione Bene Comune Viggiano che aggiunge: se il registra lucano-americano ha saputo solo adesso che “dei guadagni del petrolio alla Basilicata resta poco” non sarebbe dovuto sfuggire alla Svimez che nel rapporto sull’economia del Sud e della nostra regione ignora del tutto le risorse petrolifere o meglio non si sforza di fare alcuna analisi dell’impatto delle risorse energetiche sugli indicatori socio-economici, in gran parte negativi, registrati in regione, tra i quali la povertà, la distribuzione dei redditi e il saldo migratorio. Siamo invece di fronte alla conferma che non solo come dice Coppola lo Stato rastrella i benefici del petrolio ma che quel poco che resta non produce benessere. E’ tempo – dice Prinzi – di riaprire la partita con il Governo e le compagnie. L’occasione è offerta dal Patto per il Sud e dalle misure che il Governo intende mettere in campo nelle regioni meridionali. Forse è una delle ultime occasioni di contrattazione-concertazione che ci resta. E allora cominciamo a chiederci: che fine hanno fatto gli impegni assunti al tempo degli accordi Stato-ENI-Regione Basilicata? All’epoca, è il caso di ricordare, si guardava al petrolio come ad una marcia in più per lo sviluppo del territorio interessato dalle attività estrattive, ossia ad una risorsa che non si sostituiva ma si aggiungeva a tutte le altre, per realizzare la compatibilità tra tutte le risorse del territorio e mirare ad uno sviluppo vero ed integrato, con l’impiego delle risorse finanziarie, le royalties, derivanti dal petrolio stesso. Il problema non è certamente quello di estendere le royalties ad altri Comuni della Val d’Agri o di altre aree limitrofe. Ma è possibile, alla luce di quanto sta accadendo, continuare ad utilizzare ancora le royalties, quelle tutte regionali e comunali (il 7%), di cui non dobbiamo dar conto, come per il 3%, al Governo, senza uno straccio di programmazione, che ne destini almeno una parte consistente allo sviluppo e all’occupazione stabile, legata alle peculiarità del territorio che chiede?. E’ possibile che dobbiamo affidarci ad un testimonial, sia pure illustre, come ultima possibilità di difesa dei diritti delle comunità valligiane e in generale dei lucani?
Ecco la sordità e la cecità che poco e in modo effimero garantisce per l’oggi e che si rifletterà catastroficamente sul domani, a causa di un’azione politica regionale e locale corta e assopita sulla gestione dell’immediato, tutta schiacciata sull’ottenimento del consenso, sul populismo e su ambizioni personali e per niente orientata da progetti e processi che portino a costruire, pur con fatica, il futuro con le risorse che abbiamo. Se si vuole uscire dalla vicolo cieco in cui è ricaduta la questione petrolio, occorre da subito affrontare il tema di uno sviluppo parallelo ed alternativo, promesso e invocato da tempo, con le risorse provenienti dal petrolio stesso. E non si sta facendo alcunché in tal senso! Basti pensare alla somma complessiva delle royalties erogata da Eni e Shell e chiedersi: ma che ne abbiamo fatto di tanto denaro e che cosa ha prodotto in termini di sviluppo? Quale investimento significativo è stato fatto e quanti posti di lavoro sono stati creati?
Qui sta appunto l’altra questione e tutta l’altra ambiguità che caratterizza la politica del fare della Giunta Regionale, che sul 3% delle royalties (ex bonus carburanti) insieme al MISE si avvia a programmarne la destinazione, arrovellandosi sui mille usi e scoprendo che la coperta è corta. Ma attenzione provare ad allungarla perché l’operazione risponde ad una sola logica scontata: ripetere l’errore di spacchettare la spesa in mille rivoli assistenziali come è accaduto in buona parte con l’esperienza del P.O. Val d’Agri.
BAS 05