“Nella lunga lista delle aziende che hanno collocato in mobilità in deroga i lavoratori c’era la Sinoro di Tito che da tanti anni è chiusa e inutilizzata. Sono trascorsi due decenni dalla approvazione del progetto finanziato con l’art. 21 della legge 219, spacciato per il più grande investimento industriale cinese in Europa, che doveva recuperare gli impianti della ex Memofil e dare lavoro a circa 100 lavoratori della ex Marzotto: 12 milioni di euro per gli impianti e oltre 800 mila euro per i tre corsi di formazione”. E’ quanto afferma, in una nota, il presidente del Cseres Pietro Simonetti. “Anche la Sinoro s.r.l. come le precedenti società ha prodotto un fallimento e molto altro. In data 24/10/2013 il Tribunale di Potenza – ha aggiunto Simonetti – ha deciso il provvedimento e Alberto Di Bisceglie nominato curatore fallimentare. Dopo poche settimane, all’ingresso dell’azienda di Tito viene sostituita l’insegna della Sinoro s.r.l. con la targa Sinorp srl, un avviso comunica anche che la «la Sinoro si è trasferita a Tito in via del Convento». La Sinorop è stata costituita a giugno 2013 quando la Sinoro non era ancora fallita. Occorre capire e intervenire. Toccherebbe alle Autorità preposte: come la nuova Sinorop ha avuto la disponibilità dello stabilimento cosi come indicato dalla targa affissa all’ingresso dello stabilimento ? A quali condizioni e con quali modalità?” Per Simonetti “si dovrebbero accertare le responsabilità, riutilizzare lo stabilimento di Tito, recuperare i fondi stanziati, lo stabilimento e i livelli occupazionali fissati all’atto del decreto di finanziamento, circa 100 unità”. E aggiunge: “il Consorzio Industriale di Potenza, competente per l’assegnazione dei suoli, le riassegnazione, l’uso dei capannoni e le prelazioni dovrebbe verificare, alla luce delle decisioni ministeriali e del Tribunale di Potenza, la proprietà dello stabilimento dalla Sinoro (in curatela fallimentare) l’esito delle aste dei macchinari ed eventuali richieste di trasferire ad altre società il manufatto”, e “forse anche la Regione potrebbe uscire dal “grande sonno” e convocare il curatore fallimentare, l’ASI e le parti sociali per valutare cosa fare a tutela danaro pubblico e dei lavoratori interessati. Anche l’Autorità decentrata del Governo potrebbe agire come in altre vertenze”.
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