Mollica: capire i caratteri della nuova emigrazione

Il presidente del Consiglio regionale ha partecipato a San Fele a una manifestazione dedicata ai lucani nel mondo

&ldquo;Oggi emigrare spesso non &egrave; pi&ugrave; un&rsquo;esigenza ma una scelta&rdquo;. Con questa riflessione il presidente del consiglio Francesco Mollica ha concluso la due giorni che si &egrave; svolta a San Fele dedicata ai lucani emigrati all&rsquo;estero. &ldquo;L&rsquo;inaugurazione della statua dedicata alla famiglia, insieme a quella presente davanti al palazzo del Consiglio regionale, &ndash; ha detto il presidente – riflette l&rsquo;immagine dei tanti lucani partiti per Paesi lontani ed ha come motivo ispiratore quel legame che riusciva ad alleggerire le pene della lontananza, il ricordo di tutto ci&ograve; che era legato alle proprie origini. Un concetto, quello del legame con la propria terra, che non riguarda solo i sanfelesi, che peraltro rappresentano la pi&ugrave; alta percentuale di persone emigrate, ma tutti i lucani che vivono oltre i confini nazionali&rdquo;.<br /><br />Nella serata dedicata a &ldquo;Pietro Cristiano, da San Fele al Belgio&rdquo;, Mollica ha ricordato il ruolo che oggi riveste il museo dell&rsquo;emigrazione dedicato a Nino Calice, quello &ldquo;di rievocare la memoria di alcuni lucani partiti in cerca di fortuna come Pietro Cristiano, emigrato in Belgio nel &lsquo;24 e che fu uno dei tanti ad accettare il contratto come minatore. Un accordo, quello italo belga del 46 che viene ricordato come una vera tratta di uomini dove si scambiava la vita con il carbone. Gente che partiva in condizioni pessime senza sapere quale sarebbe stato il lavoro che andava a fare e che, con la strage di Marcinelle, rappresenta l&rsquo;emblema dell&rsquo;emigrazione italiana, di una generazione che &egrave; spinta ad emigrare alla ricerca di un futuro migliore&rdquo;.<br /><br />Mollica ha poi invitato a riflettere sui caratteri dell&rsquo;emigrazione di oggi. &ldquo;Oggi assistiamo all&rsquo;esodo di giovani con un alto grado di istruzione e capacit&agrave; professionale &ndash; ha detto – che non trovano alcunch&eacute; che li possa soddisfare sotto il profilo economico e lavorativo. Anche giovani che, pur non appartenendo a questa categoria, magari qualcosa troverebbero da fare nei propri luoghi di nascita e vita, decidono di andarsene anche perch&eacute; rifiutano un lavoro dequalificante da fare &lsquo;a casa&rsquo; preferendo invece fare esperienze di vita fuori d&rsquo;Italia. Sicuramente si adattano a lavori di bassa manovalanza, ma in un contesto di &lsquo;novit&agrave;&rsquo;, imparando peraltro una nuova lingua, conoscendo persone, costumi e usanze diverse da quelle di casa. Sono loro la nuova generazione di migranti. Una migrazione diversa, certo, da quella tradizionale delle valige di cartone degli inizi del &lsquo;900 e del dopoguerra, che essenzialmente riguardava operai, contadini e lavoratori poco specializzati attratti dal miraggio della grande fabbrica&rdquo;.<br /><br />&ldquo;Un motivo per andarsene &ndash; continua Mollica – &egrave; anche la bassa fiducia nelle istituzioni e in particolare nella possibilit&agrave; che la politica locale sia in grado di migliorare le condizioni di vita e lavoro dei cittadini. &Egrave; su questo punto che vorrei soffermarmi. La Regione mette in campo diverse opportunit&agrave; attraverso bandi per incentivare a rimanere e soprattutto a rientrare. Penso alla legge regionale 16 che prevede una quota da riservare a chi &egrave; emigrato e vuole tornare. Bisogna prendere atto per&ograve;, della scarsissima risposta. Dal 2002 in fatti non sembrerebbe giunta neanche una domanda. E ancora occorrerebbe prendere atto del fatto che la Basilicata vanta il pi&ugrave; alto numero di diplomati e laureati ma anche la pi&ugrave; bassa percentuale di insediamenti produttivi ad eccezione dell&rsquo;automotive e del turismo. Sono tante infatti le nostre aziende che preferiscono investire dove la manovalanza ha un costo inferiore&rdquo;.<br /><br />&ldquo;Servirebbero insomma risorse, territorio e volont&agrave; di ritorno &ndash; ha concluso Mollica -. Se questi tre elementi coincidessero allora la colpa non sarebbe solo della politica che ha come unica pecca quella di aver favorito in Basilicata l&rsquo;assistenzialismo. Ad andarsene sono bravi tutti, per restare bisogna essere generosi. Mi rivolgo cos&igrave; soprattutto a quei giovani che ben istruiti e con grandi capacit&agrave; decidono di partire, quando la nostra terra avrebbe bisogno dei suoi migliori studenti e laureati, per risorgere. Convinto che per restare bisogna essere un po&rsquo; folli, per tornare coraggiosi&rsquo;.&nbsp;La sfida che lancio alla Regione e alla Commissione dei lucani nel mondo &egrave; quella di continuare a lavorare affinch&eacute; ci sia anche la minima possibilit&agrave; a ritornare. La Basilicata, con suoi progetti messi in campo, ha bisogno dei giovani, del loro coraggio, della loro energia perch&eacute; possano contribuire da protagonisti a far risorgere una terra con un indice di natalit&agrave; peraltro bassissimo&rdquo;.&nbsp;

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