Il consigliere regionale: “politica ed istituzioni non possono più attendere, ma agire tempestivamente per scongiurare il rischio che si metta fine al sistema industriale dell'auto ed alla componentistica a San Nicola e nelle altre aree dell’indotto”
“La scelta della Fiat-Chrysler di ‘seppellire’ il programma 'Fabbrica Italia', che in verità non ci ha colto di sorpresa perché da tempo era possibile registrare le avvisaglie dell’atteggiamento dell’amministratore delegato, Sergio Marchionne, (assenza di investimenti su piano e blocco uscita nuovi modelli) contro il quale avevamo messo in guardia, esige alla politica e alle istituzioni nazionali e regionali di impegnarsi nel richiamare l'azienda ad un atto di chiarezza sulle reali intenzioni del management italo-americano verso lo stabilimento di Melfi e gli altri del Paese”. E’ quanto sostiene il capogruppo di Sel in Consiglio regionale, Giannino Romaniello.
"Non aver fatto gli investimenti promessi per 20 miliardi di euro, preferendo investire in Serbia e, secondo l’ultimo annuncio di Marchionne, in Cina – prosegue Romaniello – è la causa principale del crollo di vendite sui mercati italiano ed europeo perché la Fiat non ha nuovi modelli, continuamente rinviati come nel caso della nuova Grande Punto alla Sata che slitterebbe ancora. Per l’area di San Nicola di Melfi, come per le altre aree dell’indotto, il rischio che si metta fine al sistema industriale
dell'auto, e alla componentistica, fa tremare i polsi. Mi fa piacere, piuttosto, che il responsabile Economia e Lavoro del Pd, Stefano Fassina, si chieda se il programma 'Fabbrica Italia' sia mai esistito, oltre le slides utilizzate per arrivare ad accordi sindacali pesanti ed alla limitazione della democrazia nelle aziende del gruppo. Specie dopo la presentazione del referendum sui diritti dei lavoratori (art. 18), l’atteggiamento della Fiat – dice Romaniello – assume una sua maggiore gravità e, quindi, non è mai troppo tardi per cambiare opinione sull’art.18. E’ tempo che si lascino da parte disquisizioni teoriche e tutte interne al partito di maggioranza per passare ad iniziative per sollecitare il Governo ad intervenire senza attendere gli annunci ufficiali del management Fiat”.
“Sono sempre più convinto che l’iniziativa che ho proposto da tempo di un incontro dei Governatori delle Regioni che hanno insediamenti Fiat e dell’indotto possa rappresentare un primo momento di iniziativa politica ed istituzionale, chiamando il Governo nazionale alle sue responsabilità. Monti – afferma il capogruppo Sel – convochi la Fiat unitamente alle Regioni piuttosto che fare dichiarazioni insensate sull’art.18. A tal riguardo significativa è la dichiarazione di Carniti, già autorevole segretario generale della Cisl nazionale, che evidenzia come la modifica dell’art. 18 sia stata, non una riforma, ma una ‘strizzata d’occhio all’establishment italiano ed internazionale, nella illusione che questo avrebbe attratto investitori stranieri’. La vicenda Alcoa ed altre dicono il contrario. Mai come nel caso attuale sull’art 18 siamo in presenza di un atteggiamento ideologico di padroni e Governo”.