L’interrogativo: “deriva ai limiti di una insurrezione morale o un necessario corollario?”
“Può sembrare non facile commentare quanto sta accadendo in questi giorni sul tema dei costi della politica, soprattutto quelli regionali. Si parla, a ragion veduta, di catastrofe morale. Lo spettacolo nauseante che abbiamo assistito nei talk-show impone un nuovo punto di partenza. Fermarsi, contare fino a dieci ed agire. Non con piccoli interventi di marginali aggiustamenti. Ma riformare dalle fondamenta un sistema che, seppure già compromesso nei rapporti tra cittadino e istituzione, ha svolto (e dovrà, ancora, svolgere) tutto sommato funzioni positive”. E’ quanto sostiene il presidente del gruppo consiliare Io amo la Lucania, Alfonso Ernesto Navazio, che continua chiedendo: “con quali metodi? Ne intravedo due. Il primo: il Governo, con una decretazione di urgenza, presenti una proposta onnicomprensiva e concreta, ma allo stesso tempo ambiziosa, intenzionalmente demagogica e populista, per dare una risposta convincente alla rabbia che monta. Allora andiamo tutti a casa, perché inadeguati ad autoriformarci. Un reset che dovrà coinvolgere tutti; istituzioni e partiti. Come potremmo essere credibili nelle successive azioni? Invocare l’intervento del terzo che per noi faccia il lavoro sporco, stabilisca parametri, determini emolumenti omogenei, faccia intervenire la Corte dei Conti (come la soluzione di tutte le questioni) è un atteggiamento alquanto ipocrita. Il secondo: una proposta di legge da approvare in 30 giorni. Senza fronzoli. Semplice e trasparente. Che dica qualcosa di comprensibile alla gente e che rispetti anche chi si mette al servizio del Paese. Che individui poche spese ma chiare”.
“La questione – a giudizio di Navazio – è a monte. Occorre spezzare il meccanismo parolaio con azioni concrete. Le anticipazioni del decreto che giovedì il Governo, con la benedizione della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, si appresta a varare, portano alcune soluzioni note (riduzioni del numero dei consiglieri, numero minimo e massimo della Commissioni consiliari, eliminare la costituzione di gruppi che non abbiano corrispondenza con le liste elettorali, maggior controllo sull’utilizzo dei fondi distribuiti ai gruppi politici, il taglio degli emolumenti di assessori, consiglieri e presidenti e, sulle pensioni, il passaggio al sistema contributivo, ecc…) che potevano, con un po’ di buona volontà essere già attuate. A questo punto non servono nemmeno i distinguo. Inutile dire – aggiunge Navazio – che si è in attesa di formulare la bozza del nuovo Statuto, che dopo un estenuante braccio di ferro durato circa quattordici mesi, finalmente vedrà la luce. Inutile dire che sono state presentate, in tempi non sospetti (giugno e settembre 2010), proposte di deliberazioni per cancellare la V commissione consiliare e la presenza di un Vice presidente ed un Segretario per le Commissioni consiliari esistenti (con un risparmio per la restante parte della legislatura di circa 180.000 euro). Inutile ricordare che la presenza di assessori esterni ci costava fino a ieri 600,000 euro (oggi 450.000 euro). Questa è stata una precisa scelta politica. Più per accontentare i partiti e mantenere fede ai patti elettorali, che per una convinta adesione al modello di tecnici al servizio delle Istituzioni. Inutile ricordare – aggiunge ancora Navazio – che, rispetto alla previsione della riduzione del numero dei consiglieri (da trenta a venti), prevista dall’articolo 14 del Decreto legge 138 del 2011 come modificato nella Legge di conversione 14 settembre 2011 n.148, la nostra Regione (insieme ad altre dello stesso colore politico) abbia fatto ricorso alla Corte Costituzionale e che la stessa ci ha dato torto”.
“Le proposte che circolano – sottolinea Navazio – tra gli addetti ai lavori, ma anche sui blog nazionali portano ad una riduzione drastica dei costi della politica. Alcune di forte impatto, come quella di Perotti riportata sul ‘Sole 24 ore’ di sabato e condivisa da ‘Fermare il declino’, il blog di Oscar Giannino. Sono sintetizzate in 20 punti e si dividono in quattro gruppi: sui finanziamenti ai partiti, sulla spesa degli organi regionali, sulla spesa della politica nazionale, e sugli stipendi dei dirigenti pubblici. Piacciono o no, proviamo, e anche presto, a mettere nero su bianco. Una classe dirigente non lascia il suo destino ad altri”.