Coldiretti, solidarietà a Di Consoli

La notizia dell’arresto del signor Di Consoli ha lasciato sgomenti dirigenti e soci Coldiretti Basilicata. Nella consapevolezza che gesti estremi ed impulsivi non sono risolutivi, Coldiretti Basilicata è vicina alla famiglia Di Consoli e a tutti gli imprenditori agricoli delle aree regionali protette, esasperati dalla difficile convivenza con la fauna selvatica. Più volte – afferma l'organizzazione agricola – Coldiretti si è fatta portavoce presso le Istituzioni regionali e gli organi competenti, del malessere, del disagio e delle problematiche che attanagliano allevatori e agricoltori dei piccoli borghi del Pollino, costretti a vedere coltivazioni distrutte e greggi sbranati senza poter intervenire. Proprio il mese scorso, a Terranova di Pollino, la Federazione lucana ha organizzato una tavola rotonda per fare il punto della situazione e trovare soluzioni atte a creare le basi per una convivenza pacifica con la fauna selvatica. In quell’occasione, infatti, sono state elencate al Presidente dell’Ente Parco, Domenico Pappaterra e ai consiglieri regionali presenti, Marcello Pittella e Pasquale Robortella, una serie di proposte per far si che i problemi di oggi si trasformino in opportunità per il futuro. Non sono stati chiesti provvedimenti assistenzialisti né tanto meno l'attuale irrisoria cifra di 28,10 € come risarcimento per la morte di un capo sbranato dai lupi, ma un serio e incisivo piano di sviluppo – sostiene la Coldiretti – capace di creare reddito e dare la possibilità ai giovani di vivere onestamente del loro lavoro restando nella loro terra. Nell'ottica di una pacifica convivenza tra fauna selvatica e cittadini si potrebbe creare una filiera agroalimentare del cinghiale o un osservatorio del lupo, capace di fare da attrattore turistico ed innescare un circuito virtuoso che dia benefici a tutti i settori dell'economia dei borghi rurali lucani. Per evitare che la situazione precipiti e che ci siano altri gesti estremi, è necessario un cambio di mentalità nella gestione della fauna selvatica dei parchi e delle aree protette. Il problema non va affrontato soltanto in termini ambientalisti (caccia e tutela flora e fauna), ma anche agricolo-rurali. La tutela della fauna selvatica ad ogni costo, infatti, ha portato oggi al sovrappopolamento delle aree protette. Il proliferare di cinghiali, lupi e uccelli ha creato uno scompenso nell'equilibrio dell'ecosistema delle zone interessate. Per questo motivo – rimarca – è giusto che venga drasticamente ridotto il numero di animali selvatici così da dare agli agricoltori la possibilità di fare impresa e reddito restando nel loro paese d'origine. Non solo la creazione di una filiera agroalimentare del cinghiale darebbe nuova linfa al tessuto produttivo locale, ma anche l'applicazione della legge di orientamento nazionale 228, che autorizza gli enti a stipulare contratti di manutenzione e tenuta del territorio direttamente con le imprese agricole. A beneficiarne – dice l’organizzazione agricola – non sarebbe il singolo agricoltore ma la collettività, perché si eviterebbero così frane, smottamenti, problemi che derivano dall'abbandono dei terreni e il proliferare incontrollato della fauna selvatica, che arreca danno a persone e imprese.
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