Il rigetto assoluto del lavoro nero e del caporalato sono due principi cardine che guidano l'azione sindacale della Cia. Perché è evidente che le eccellenze agricole devono essere legate non solo alla qualità, ma anche alla dignità del lavoro e della vita delle persone coinvolte. Per questo il Protocollo sperimentale contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo in agricoltura sottoscritto oggi da governo, associazioni ed enti locali, in attuazione anche in provincia di Potenza, rappresenta un passo importante. Lo afferma la Cia-Agricoltori Italiani che, con il vicepresidente nazionale Alessandro Mastrocinque, ha partecipato alla firma dell'intesa..
Ministeri dell'Interno, delle Politiche agricole e del Lavoro, parti sociali agricole, Regioni, associazioni delle cooperative e del terzo settore sono i protagonisti dell'accordo "Cura, Legalità, Uscita dal ghetto" che definisce interventi coordinati, a livello locale, e finalizzati all'accoglienza, alla cura, all'informazione, al lavoro e all'integrazione della manodopera agricola, soprattutto di provenienza straniera.
Secondo la Cia, del Protocollo è fondamentale sottolineare innanzitutto l'approccio pragmatico e non generalista, che vede nell'individuazione di specifiche province (Bari, Caserta, Foggia, Lecce, Potenza, Ragusa, Reggio Calabria) il terreno su cui sperimentare le azioni concordate. Ugualmente significativa è l'identificazione delle parti sociali quali interlocutori essenziali nella riuscita degli interventi.
Su questo ultimo aspetto, il Protocollo ha recepito quanto da sempre sostenuto dalla Cia: il caporalato non si contrasta efficacemente se non si comprende che occorre sottrarre alla criminalità organizzata due ambiti strategici: la logistica e l'incontro domanda e offerta. Ma sottrarre il mercato del lavoro alla criminalità non vuol dire unicamente controllo e repressione, vuol dire anche diventare responsabili di quel segmento in modo trasparente, tracciato, legale ed efficace: le parti sociali, insieme alle istituzioni, possono e devono farlo. Tanto più che i numeri più recenti sul caporalato parlano di circa 100 mila "nuovi schiavi", che si alternano oggi tra i filari di vite o nella raccolta dei pomodori e della frutta.
La lotta ai caporali e allo sfruttamento del lavoro sarà lunga e difficile ma, se deve portare a risultati che durino nel tempo, dovrà essere composta di tante azioni. Il Protocollo firmato oggi ne affronta alcune -osserva la Cia- ma non si può trascurare che parallelamente vi è in commissione Agricoltura un ddl del governo, su cui proprio ieri si è svolta un'audizione del ministro Martina, il quale si è espresso per un'accelerazione dell'iter legislativo.
Sul disegno di legge, però, la Cia ritiene che, oltre alla necessità che le norme penali già esistenti siano certe e applicate (prima ancora che rafforzate o innovate come intende fare il governo), sia opportuno non introdurre elementi estranei rispetto all'obiettivo e che rischiano di distrarre risorse ed energie verso fini completamente diversi. Occorre cioè uscire finalmente dall'errata sicurezza psicologica che vede nell'aumento della burocrazia e dei vincoli (quali gli indici di congruità o le mensilizzazione dei contributi) una maggiore garanzia di tutela del lavoro e di rispetto della legge. Il lavoro sano si afferma con regole chiare, semplici e sostenibili -conclude la Confederazione-. L'integrazione delle banche dati e del patrimonio informativo in possesso delle Pubbliche amministrazioni deve fare il resto