“L’ambiente non è un altrove, ma il luogo stesso in cui l’essere umano si realizza. È tempo di superare l’idea dell’educazione ambientale come semplice trasmissione di norme e comportamenti virtuosi. Dobbiamo puntare a qualcosa di più profondo, che io definisco ambizione ambientale: il desiderio condiviso di vivere in equilibrio con la natura non come estranei, ma come parte attiva e consapevole di essa”. Con queste parole Antonio Tisci, Commissario straordinario del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese, ha aperto il suo intervento all’Università di Salerno, nel corso del convegno dedicato al ruolo educativo delle aree protette. Un intervento che, più che una relazione tecnica, si è rivelato un vero e proprio invito a ripensare il rapporto tra uomo e natura in chiave più umana, più autentica.
“Ambiente e ambizione – ha sottolineato Tisci – hanno una radice comune. Entrambe raccontano il nostro andare verso qualcosa: verso un ordine, verso un’armonia, verso l’altro. Nella cultura classica, cosmos significava tanto universo quanto ordine, contrapposto al caos. Oggi questa antica visione può ancora insegnarci molto: ci ricorda che la natura non è un’entità da idolatrare passivamente, ma un sistema complesso di relazioni in cui l’uomo è al tempo stesso fruitore e custode”. Nel richiamare le quattro celebri leggi dell’ecologia formulate da Barry Commoner negli anni ’70 – “tutto è connesso a tutto il resto”, “ogni cosa deve andare da qualche parte”, “la natura sa meglio di tutti”, “niente è gratis” – Tisci ha evidenziato come spesso si sia fraintesa la terza legge, immaginando che la natura, lasciata a se stessa, trovi sempre l’equilibrio perfetto. Ma non sempre ciò che è naturale è anche compatibile con la vita umana. “Un’alluvione, un incendio, una pandemia sono fenomeni naturali, ma non per questo dobbiamo accettarli inermi. L’uomo – ha spiegato – ha il dovere di intervenire, di prevenire, di costruire un equilibrio che sia sostenibile anche per la sua stessa esistenza. La natura non conosce l’individuo. L’uomo sì. Ed è questa consapevolezza che ci impone un approccio complesso, che tenga insieme ecologia scientifica, economica e sociale”.
In questo senso, le aree protette non devono essere viste come spazi museali bloccati da vincoli e burocrazia, ma come laboratori dinamici dove l’ambiente può diventare risorsa, leva di sviluppo e coesione. “I Parchi – ha affermato Tisci – sono strumenti di politiche economiche, soprattutto nelle aree interne del Sud. Non possiamo più tollerare che vengano percepiti solo come enti che impediscono, che rallentano. Devono essere promotori di valore: trasformare i vincoli in certificazioni di qualità, la tutela del paesaggio in attrazione turistica, la difesa ambientale in innovazione e ricerca. Solo così saranno utili alle comunità che vi abitano, le stesse che oggi rischiano lo spopolamento e la marginalità”. Citazioni dotte e richiami filosofici hanno costellato l’intervento del Commissario che ha voluto ricordare anche il pensiero di San Tommaso d’Aquino: “Ogni relazione è un ordine tra due realtà – ha detto – e come le fondamenta per la casa, l’uomo è fondamento dell’ecosistema. Questo non significa porlo al di sopra della natura, ma riconoscerlo come parte centrale di un sistema che ha senso solo se tiene insieme tutte le sue componenti: ambientali, sociali, economiche”.
Infine, un invito chiaro agli studenti e al mondo accademico: “Chi opera nella formazione ha un ruolo strategico. Non solo informare, ma formare, ispirare, generare nuove visioni. Dobbiamo restituire all’ambiente la sua giusta dimensione: non più spazio separato, ma luogo in cui costruire futuro. Un futuro che non sia solo sostenibile, ma desiderabile”.