Lucani insigni 2017, Franco Zaccagnino

Docente di arte e scultore, ha dato vita, grazie alla lavorazione della canna mediterranea, a una forma espressiva a cui ha dato il nome di “arte Arundiana”. Legato alla sua terra, ha realizzato un Museo nel Borgo di Sant’Ilario di Atella

&ldquo;Il piacevole incontro con l&rsquo;Arundo si &egrave; trasformato con il tempo in una vera e propria tempesta che coinvolge e avvolge la mia espressione artistica. Tale tempesta non si cheta e n&eacute; riesco a domarla, anzi, non la voglio pi&ugrave; placare perch&eacute; &egrave; diventata la mia ragione di vita.&rdquo; E&rsquo; quanto afferma il maestro Franco Zaccagnino, docente di Arte e Immagine, scultore e artista poliedrico tra i &ldquo;Lucani Insigni 2017&rdquo; premiato lo scorso 25 marzo a Venosa, nella Chiesa-Convento di San Domenico. Si tratta di un importante riconoscimento per il maestro di Sant&rsquo;Ilario di Atella, capace con le sue mani di dare vita a una originale e ben distinta forma d&rsquo;espressione: l&rsquo;arte &ldquo;Arundiana&rdquo;, ovvero della lavorazione artistica della canna mediterranea. Fin da bambino, infatti, l&rsquo;artista ha convissuto in una sorta di simbiosi tra uomo e terra con la canna, da cui &egrave; sempre stato affascinato. Nelle sue mani la canna diventa materia viva e pulsante che, plasmata, d&agrave; vita a riproduzioni raffiguranti architetture sacre e ambientazioni urbane. Molte le mostre&nbsp; personali e le manifestazioni artistiche alle quali ha partecipato, sia nazionali sia internazionali, conseguendo successi di pubblico e di critica.<br /><br />Tutto nasce da lontano, negli anni spensierati della fanciullezza e dal richiamo di quel territorio di Sant&rsquo;Ilario di Atella che &ldquo;fa sentire la sua voce in tutte le opere&rdquo; come afferma il maestro. Figlio di un insegnante e di una casalinga, Zaccagnino ha vissuto nel Borgo di Sant&rsquo;Ilario a diretto contatto con la natura, &ldquo;allo stato brado&rdquo;, come sottolinea, conoscendo la vita di un mondo rurale destinato a scomparire insieme a tutte quelle botteghe artigiane che lo sostenevano e che quotidianamente lo vedevano protagonista di piccole esperienze manuali molto apprezzate dagli artigiani stessi. In questo periodo ha sperimentato e manipolato diversi materiali tra cui la canna che &ldquo;da allora &ndash; afferma il maestro – ha esercitato sempre un fascino particolare sulla mia persona, senza pi&ugrave; separarci.&rdquo; Ad affascinarlo la forma, il colore, la sua struttura, la sua elasticit&agrave;, la versatilit&agrave; di una materia che in casa si trovava ovunque, svolgendo la sua umile funzione. &ldquo;Per tutti la canna era un materiale umile e povero, – ricorda lo scultore – per me, invece, era un materiale misterioso, intrigante.<br /><br />&ldquo;In quei primi anni inizia ad esporre timidamente le sue opere, prima a livello locale, con inaspettato successo, poi avventurandosi in mostre e concorsi sia a livello nazionale sia internazionale conseguendo una serie di premi e riconoscimenti importanti segnalati soprattutto dalla critica per la tecnica originale, mai utilizzata in campo artistico. &ldquo;In queste manifestazioni &ndash; racconta &ndash; molti, stupiti dall&rsquo;originalit&agrave; delle mie opere, chiedevano da dove provenissi e io con orgoglio e umilt&agrave;, rispondevo di essere lucano. Nei loro occhi leggevo stupore e ammirazione al punto da invitarmi addirittura a dare un nome a questa mia espressione artistica perch&eacute; secondo loro andava classificata.&rdquo; Ed ecco, dunque, la necessit&agrave; e il dovere di coniare un nome, un termine per quella forma espressiva. Nasce cos&igrave; l&rsquo;arte &ldquo;Arundiana&rdquo;, derivante da &ldquo;Arundo-inis&ldquo; il nome scientifico e &ldquo;latinizzante&rdquo; che contraddistingue la canna mediterranea utilizzata da Zaccagnino. Il termine &ldquo;Harundo&rdquo; &ndash; dalla cui traslazione latina deriva appunto canna &ndash; richiama alla mente un errante cavaliere templare alla ricerca del suo Graal capace di lottare e cadere, di piegarsi all&rsquo;incedere inesorabile del tempo senza spezzarsi, di rialzarsi come un giunco al vento e abbandonarsi, infine, alla forza plasmatrice del suo Maestro, nelle cui mani, risiede la propria palingenesi. E&rsquo; proprio nella semplicit&agrave; di questa battaglia, in un confine che pian piano scompare fino a fondere uomo e materia, plasmato e plasmante, che alberga l&rsquo;arte &ldquo;Arundiana&rdquo; &ndash; ovvero della canna mediterranea – del maestro Franco Zaccagnino. Nell&rsquo;etimologia essa presenta gi&agrave; un indice di originalit&agrave; e distinzione che la separa nettamente dalla lavorazione di esemplari che per collocazione geografica e non solo rientrano nella sfera della canna tradizionale.<br /><br />L&rsquo;abilit&agrave; artigiana di Zaccagnino si esplica nel ciclo delle cattedrali e di composizioni che riguardano complessi monumentali di altra natura, assemblando con la tecnica del mosaico, le tessere di questo puzzle ricavate dalla canna. Ci sono opere nelle quali alla canna sono affiancati elementi aggiuntivi come supporti lignei. Franco Zaccagnino ha nel suo repertorio una vastit&agrave; di composizioni: dal &ldquo;Grande Maestro&rdquo; che rappresenta la crocifissione a opere dal soggetto profano che sono legate all&rsquo;attualit&agrave;, al mito, agli usi, costumi, vicende quotidiane e fenomeni sociali. &ldquo;Nascita di Venere&rdquo;, &ldquo;Totem&rdquo;, &ldquo;Genesi&rdquo;, &ldquo;Balla coi lupi&rdquo; sono solo alcune di queste creazioni ma una delle opere alle quali il maestro si sente pi&ugrave; legato &egrave; sicuramente &ldquo;Siringa&rdquo;. Nel comporre &ldquo;Siringa&rdquo; c&rsquo;&egrave; stata per il maestro &ldquo;una vera e propria evoluzione.&rdquo; E&rsquo; un rapporto confidenziale quello tra quest&rsquo;opera e il suo creatore. &ldquo;Siringa &ndash; racconta Franco Zaccagnino &ndash; fu trasformata in canna. Ho deciso di materializzarla e farne una scultura vivente che attualmente vaga nel mio territorio.&rdquo;<br /><br />Al di l&agrave; del significato e dell&rsquo;importanza delle sue opere, al maestro Zaccagnino premeva regalare alle proprie creazioni, un &ldquo;contenitore&rdquo; che le ospitasse degnamente. Senza dubbio la realizzazione della casa museo a Sant&rsquo;Ilario di Atella rappresenta un punto di riferimento permanente aperto a tutti coloro i quali, esperti o meno, sono interessati a conoscere una sfaccettatura artistica sicuramente originale rispetto al modo &ldquo;ufficiale&rdquo; di concepire la scultura. &ldquo;Per la sua unicit&agrave; e per il successo finora ottenuto &ndash; dichiara Zaccagnino – il Museo ha l&rsquo;intento di farsi conoscere a livello nazionale e internazionale, grazie anche alla nascente associazione culturale &lsquo;Arundo&rsquo; che ne curer&agrave; la valorizzazione e la divulgazione. Le performances e le installazioni esistenti nel percorso culturale del museo sono in continua evoluzione e sono legate al territorio.&rdquo; All&rsquo;interno &egrave; possibile attraversare due percorsi: uno, quello prettamente ancestrale legato al mondo contadino con i suoi oggetti, gli utensili, gli attrezzi da lavoro e l&rsquo;altro che abbraccia il percorso iniziale artistico del maestro. Si tratta di un cammino sperimentale, &ldquo;prodromico&rdquo;, dove sono visibili le opere degli esordi, le fondamenta cio&egrave; di una nuova forma espressiva. Nella casa museo dell&rsquo;arte Arundiana si possono trovare essenzialmente sculture tridimensionali, le miniature di 40 carte da gioco lucane, dette Arundiane e infine una delle opere pi&ugrave; recenti del maestro: la &ldquo;Signora Arundiana&rdquo;, una revisione in salsa lucana della Monnalisa di Leonardo.<br /><br />Zaccagnino ha curato e diretto mostre, eventi a carattere storico e culturale. E&rsquo; del 2003 ad esempio la pubblicazione del catalogo &ldquo;L&rsquo;arte Arundiana di Franco Zaccagnino&rdquo;. L&rsquo;anno successivo idealizza e pubblica le carte da gioco regionali della Basilicata: le &ldquo;Arunde Lucane&rdquo;. Quaranta miniature grafiche originali pastellate a mano. Nel 2008 nel Borgo di Sant&rsquo;Ilario di Atella ha allestito una scuola-laboratorio. Grande ricercatore e appassionato di storia locale, nel 2012 ha dato alle stampe il volume &ldquo;Sant&rsquo;Ilario. Storia di una Castello ritrovato.&rdquo; E&rsquo; del 2015 la realizzazione del suo fiore all&rsquo;occhiello, il luogo, cio&egrave;, dove ospita le opere pi&ugrave; importanti del suo percorso artistico: la casa Museo dell&rsquo;arte Arundiana. Nel marzo 2018, come sappiamo, gli viene conferito a Venosa il premio dei &ldquo;Lucani insigni 2017&rdquo; ricevendo l&rsquo;opera Humanitas dell&rsquo;artista Maria Ditaranto.<br /><br />Per un uomo che ha fatto della materia, della terra, una ragione di vita, &egrave; stato inevitabile attingere qualcosa dalla sua creatura e imparare altrettanto da essa. La canna gli ha &ldquo;regalato emozioni che non erano solo un gioco perch&eacute; tra le mani avevo qualcosa di straordinario. L&rsquo;arundo si &egrave; messo al servizio dell&rsquo;arte per raccontare la storia dell&rsquo;uomo&rdquo;. Alla canna Zaccagnino ha affidato un ruolo nobile, &ldquo;innalzandola a un livello superiore&rdquo; che spetta a una &ldquo;vera protagonista&rdquo;. E a conferma di questa simbiosi tra uomo ed elemento grezzo, il legame con la terra, con il Borgo di Sant&rsquo;Ilario e pi&ugrave; in generale con la Basilicata, &egrave; indissolubile per un &ldquo;Lucano Insigne&rdquo; come lo scultore. &ldquo;Ho &lsquo;scoperto&rsquo; la mia regione &ndash; spiega il maestro – quando ancora la si riteneva il fanalino di coda delle regioni italiane. L&rsquo;ho conosciuta e l&rsquo;ho amata pi&ugrave; che mai e non mi rendevo conto della scarsa considerazione che i lucani stessi ne avevano. In qualit&agrave; di insegnante mi sono reso conto che la scuola &egrave; una delle responsabili principali di questa scarsa considerazione e lo sar&agrave; fino a quando a scuola si parler&agrave; poco o niente della Basilicata e si organizzeranno gite scolastiche e viaggi di istruzioni solo in altre regioni d&rsquo;Italia. Sono andato controcorrente &ndash; spiega – perch&eacute; ho sempre organizzato viaggi in Basilicata, educando i miei alunni a scoprire innanzitutto i valori della propria terra.&rdquo;<br /><br />E &ldquo;provocatoriamente&rdquo; ha portato i propri alunni in gita nel suo Borgo sconosciuto contro il volere di insegnanti e genitori abituati a percorsi di &eacute;lite. Tutto questo con risultati sorprendenti: hanno scoperto storia, arte, tradizioni della Basilicata che non immaginavano esistessero a un passo da casa. &ldquo;Hanno aperto gli occhi &ndash; conclude Zaccagnino – iniziando ad amare la propria terra senza escludere naturalmente la grande bellezza di tutta la nostra Italia.&rdquo; E l&rsquo;attivit&agrave; museale dell&rsquo;arte Arundiana &egrave; perfettamente incastonata nella rete dei&nbsp; percorsi turistico-didattici&nbsp; che si sviluppano sul territorio al fine di far conoscere a fondo la cultura della Basilicata.<br />(F.C.)<br />Fonti<br />Intervista a Franco Zaccagnino _ Venosa, 25 marzo 2018<br />Sulla figura di Franco Zaccagnino<br />http://lucania1.altervista.org/artistilucani/zaccagnino/<br />https://www.youtube.com/watch?v=QXdz9W7nAQs<br />http://www.lucaniamontana.it/PAGINE/italianoartearundiana.html<br />http://www.comune.atella.pz.it/museo-arte-arundiana<br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br />

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