Santochirico (Pd) su finanziaria regionale

“Una sofferta rinuncia di oggi per una importante sfida di domani”

“Ognuno leggerà e interpreterà la finanziaria regionale, e in particolare il famigerato capo IV (governance territoriale e settoriale), come gli pare.
Potrà esultare per una grande ed economica riforma o per aver debellato covi clientelari. Al di là della propaganda contingente, alcune riflessioni potranno far capire meglio quello che è successo e quello che ci aspetta. Lo afferma il consigliere regionale del Pd, Vincenzo Santochirico, il quale si sofferma su alcuni dati: “le Comunità Montane erano state già soppresse dall'art. 67 della
legge regionale 26 giugno 2008 n. 11. Erano sopravvissute in regime commissariale in attesa della formazione delle Comunità locali che non hanno mai visto la luce (per colpa di chi? qualcuno vuole meditare perché nella nostra regione si commissaria e non si attuano le riforme?);
Nel 2008 il Consiglio Regionale approvava una importantissima legge che
istituiva le Comunità locali, unioni di comuni ai quali trasferire competenze, poteri e risorse. Si scelse una aggregazione (la comunità locale) che, cercando di superare la contraddizione territorio ampio/polazione esigua, si attestava su aggregazioni di circa 50.000 abitanti e ricomprendenti in media una ventina di comuni, per dare una dimensione ottimale alla sostenibilità di servizi e funzioni associati”.

“Si noti – continua il consigliere – che i comuni si associavano non per mettere insieme competenze che
già avevano, ma per coprogrammare e gestire quelle che avrebbero dovuto
essere delegate dalla Regione in materia di governo del territorio, pianificazione, patrimonio forestale, sviluppo rurale, attività produttive, commerciali e turistiche, trasporti, servizi socio assistenziali, per citarne alcune-
Una gigantesca rivoluzione che spostava verso i governi locali, più vicino ai
cittadini, la bilancia dei poteri, restituendo alla Regione la missione propria
di legiferare, programmare, verificare.
Il timore che le Comunità locali comportassero un aggravio finanziario incompatibile con gli effetti del federalismo fiscale e della riduzione dei
trasferimenti statali, nel frattempo intervenuti, ha spinto il governo regionale verso la rinuncia alle Comunità locali, ripiegando sulle Conferenze dei Sindaci delle aree programma, ponendo una sorta di fiducia su questa scelta.
Abbiamo dissentito e dissentiamo tuttora. Sotto il profilo finanziario,
abbiamo ripetuto fino alla noia che i ‘costi’ delle Comunità Locali sarebbero
stati aggiuntivi solo se si fosse lasciato tutto immutato e immobile in Regione, ma se si fossero realmente trasferite risorse e competenze si sarebbe
addirittura risparmiato. Ma per fare nostre le ansie finanziarie del Governatore, avevamo presentato un emendamento che sospendeva gli effetti della
legge sulle comunità locali. Si è preferito sopprimerle e tale decisione ha
visto l'astensione mia e di altri sette consiglieri (Pittella, Folino, Scaglione, Ruggiero, Novazio, Falotico,). Ci auguriamo di sbagliare, ma il rischio di un neocentralismo regionale c'è ed è forte. Abbiamo posto una semplice domanda: chi farà quello che avrebbero dovuto fare le Comunità Locali? Risposta: la Regione. Ecco il rischio che l'ente regionale rimanga sovraccarico di poteri e attività di gestione che producono sprechi, allungano tempi, creano opacità e allontanano i cittadini dalle istituzioni. In questo caso si, caste e apparati impoveriscono il capitale sociale o ne impediscono l'accumulazione”.

“Il voto favorevole finale sull'art. 20 della Finanziaria – sottolinea il consigliere – che accantona le
comunità locali a vantaggio di (eteree) aree programma, è stato espresso non
tanto per appartenenza politica (che su tali temi non è decisiva), ma solo dopo
aver convenuto su un punto politico decisivo e fondamentale racchiuso in un
Ordine del giorno approvato all'unanimità. Le scelte definitive saranno fatte
con la riforma dello Statuto. Con l'OdG, il Consiglio regionale ha confermato
“la volontà e l’impegno di procedere all’immediato avvio del confronto sulla
riforma dello Statuto, anche per dare un nuovo assetto al sistema istituzionale
regionale, compreso quello concernete le autonomie locali e il governo di area
vasta, in attesa del quale si è proceduto all’abrogazione della legge regionale
n. 11/2008 e all’istituzione delle aree programma”.

“Ecco la sfida che abbiamo raccolto – continua Santochirico – trasformando il dissenso in un investimento collettivo nella futura azione riformatrice: ripensare organicamente il sistema istituzionale regionale, le sue articolazioni, il suo impianto, la sua proiezione sul territorio, e in quel contesto decidere quale debbano essere forma e modalità del governo di area vasta, la relazione col sistema delle autonomie, i territori, i soggetti sociali.
Dovremo farlo senza pregiudizi e schemi precostituiti, non affezionandoci a
nessuna soluzione di ingegneria istituzionale, tante essendo le opzioni possibili”.

“Ma c'è un punto, politico e culturale, irrinunciabile – conclude il consigliere – la democrazia non è un costo, un orpello, un ornamento. E' invece il fondamento della società
e del suo sistema istituzionale. Non c'è principe illuminato o un nume
titolare o filosofo ispirato che possa sostituirla. E' una ricchezza immensa
e feconda che dobbiamo mettere a valore”.

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