Vita: “Enti locali Sud non sono rami secchi da tagliare”

Per il capogruppo Psi in Consiglio regionale “la battaglia per rilanciare il Sud può essere condotta solo da una classe dirigente che dimostri di saper usare utilmente le risorse disponibili e che affermi principi di legalità e trasparenza”

“L’Agenda di Salerno degli amministratori socialisti acquista maggiore significato dopo i provvedimenti contenuti nella manovra bis del Governo che colpiscono soprattutto Regioni, Province e Comuni del Sud. Per quanto riguarda i Comuni, in attesa di approfondire quegli aspetti della manovra che potrebbero rappresentare un escamotage per salvare alcuni micro-comuni, è ancora peggio: un conto è favorire le unioni per meglio gestire i servizi essenziali ai cittadini, un conto è accorpare dall’alto con un’operazione centralistica senza precedenti”. E’ quanto dichiara Rocco Vita, capogruppo Psi al Consiglio regionale e responsabile della Consulta nazionale amministratori socialisti sostenendo che “noi continuiamo ad insistere che bisogna avere piena consapevolezza che gli spazi per un serio rilancio dell’economia meridionale non possono avere alcuna efficacia in assenza di scelte che coinvolgano la strategia di rilancio del ‘sistema Italia’ nel suo complesso e di cui le autonomie locali sono protagonisti a pieno titolo e non rami secchi da tagliare”.

“L’accorpamento di Province e Comuni (e c’è chi vorrebbe includere anche le piccole Regioni) – aggiunge Vita – è il modo più semplice e per tanti aspetti inutile di affrontare in maniera autoritaria le riforme istituzionali che tante Regioni del Sud, tra le quali la Basilicata, hanno in agenda già da tempo per definire, in tutta autonomia e sulla base delle specifiche realtà territoriali, le misure più idonee ed efficaci senza ripercussioni, in termini di riduzione di servizi essenziali ai cittadini”. “Il punto debole della manovra – continua ancora il capogruppo del Psi – è quello di insistere su un federalismo, che tra l’altro con i tagli capestro è destinato a restare inchiodato sulla linea di partenza, senza la soluzione definitiva della ‘Questione Meridionale’, con il risultato di approfondire ancor più del passato la spaccatura tra Nord e Sud. Le Regioni impegnate alla riorganizzazione delle loro infrastrutture e dei processi produttivi per lo sviluppo dell’economia locale, invece, debbono avere le stesse potenzialità di sviluppo del Nord. Non è un caso che Unioncamere all’indomani della manovra registra che il cosiddetto ‘capitalismo municipale’, una costellazione di oltre 5mila società di capitali partecipate e controllate dagli enti locali, attive non solo nei settori tipici delle public utilities (energia, trasporti, rifiuti) ma anche nelle infrastrutture, nel commercio, nelle attività ricreative, culturali e sportive e addirittura nell’industria e nelle TLC, è concentrata per il 78,5 per cento nel centro-nord. In Basilicata, al 2009, sono 48 le società partecipate e 30 quelle controllate per lo più da Comuni e, ci riferisce sempre Unioncamere, il 67 per cento ha bilanci in rosso”.

Nel sottolineare che “se il federalismo si risolve in servizi impoveriti alle popolazioni meridionali o in nuove tasse, o in un mix di servizi impoveriti e nuove tasse, il Mezzogiorno non può accettarlo ed è chiamato a battersi contro”, Vita evidenzia che “occorre lavorare a definire concretamente un federalismo equilibrato, responsabile, solidale”. “È evidente – conclude Vita – che occorre essere chiari anche su un altro aspetto: solo una classe dirigente meridionale con le carte in regola può contrastare una versione del federalismo ostile al Mezzogiorno. La battaglia per rilanciare il ruolo e la funzione del Sud e aprire una prospettiva di crescita all’economia meridionale può essere condotta solo da una classe dirigente del Mezzogiorno che dimostri di saper usare produttivamente, fino all’ultimo centesimo, le risorse disponibili e che affermi principi di legalità e trasparenza nell’amministrazione della cosa pubblica”.

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