Uil-Centro studi su lavoro irregolare

Nel 2015 in Basilicata sono state ispezionate dagli uffici del Ministero del Lavoro 5.513 aziende con una percentuale del 41,3% delle aziende private complessive con dipendenti che collocano la Basilicata al primo posto della graduatoria per regioni (rapporto ispezioni aziende attive). Le aziende irregolari sono risultate 2.765 pari al 50,2%. E’ quanto riferisce il rapporto della Uil e Centro Studi Sociali del Lavoro sul fenomeno del lavoro “non regolare”, “irregolare” o “in nero”, con dati di fonte Ministero del Lavoro e Inps rielaborati su scala regionale.
In dettaglio le aziende lucane ispezionate sono state 2.458 nel terziario (di cui 1.051 irregolari, 42,8%), 1931 nell’edilizia (di cu 1149 irregolari, 59,5%), 563 in agricoltura (286 irregolari, 50,8%) e 561 nell’industria (279 irregolari, 49,7%). Sulla base delle ispezioni sono risultati 1986 lavoratori irregolari e 970 lavoratori “in nero” con un’incidenza pari al 48,8% della forza lavoro delle stesse aziende.
Nel rapporto Uil e Centro Studi Sociali e del Lavoro sostengono che il contrasto al sommerso lavorativo deve essere affrontato in maniera forte, non solo riguardo all’aspetto più socialmente odioso e grave quale il lavoro totalmente in nero (sul quale un grande passo in avanti è stato fatto con l’approvazione in questi giorni della legge contro il Caporalato), ma anche sul versante della irregolarità lavorativa che si cela in diversi tipi di violazioni. Attraverso il nostro studio, invitiamo a riflettere (e per chi ha il potere, a regolamentare il fenomeno) sul crescere della “irregolarità” che fa meno notizia: ci riferiamo, in particolare a come si stia “professionalizzando” un sistema, al quale accedono purtroppo troppi datori di lavoro, nell’aggirare, attraverso forme apparentemente legali, le disposizioni, sia normative che contrattuali, che regolano il nostro mercato del lavoro. In particolare, segnaliamo come il fenomeno dei part-time finti, le co.co.co a forte odore di prestazioni da lavoro subordinato, cooperative che gestiscono servizi global service con condizioni di lavoro con tutele fuori dal perimetro regolato dai Contratti di lavoro e la sostituzione dei voucher ai rapporti di natura subordinata, stiano trovando sempre più terreno fertile in Italia. Si pone quindi il tema di come il sistema delle regole (a partire dalle leggi) sia capace di adeguarsi, con un’ampia articolazione dei provvedimenti, alla pluralità di tali comportamenti non regolari a fronte di un obiettivo, ovviamente condivisibile, che vorrebbe privilegiare il contratto a tempo indeterminato (ancorché riformato, in maniera da noi non condivisibile, nel sistema di tutele, dal Jobs Act). Infatti, se parallelamente al processo di “incentivazione” del contratto stabile, non si interviene con altre 2 leve, difficilmente questo obiettivo sarà concretamente perseguibile: la prima leva è la stretta non tanto sui contratti temporanei, seppur in alcuni casi necessaria, ma soprattutto sulla pluralità di modalità con cui si viene chiamati a svolgere una prestazione. Ci riferiamo in particolare, alle Co.co.co. (ancora pienamente presenti), alle collaborazioni occasionali, ai voucher, alle Partite I.V.A non genuine, ai soci di cooperativa per obbligo, ai tirocini non curriculari a “scarsa” funzione formativa. La seconda leva resta, ancor di più oggi, un efficace sistema di controlli (ispettivi), che lungi da noi considerare l’unica soluzione, inevitabilmente, la speranza di farla franca da parte di imprese (per fortuna una minoranza) non corrette o oneste, resta troppo alta senza una rete di ispettori visibile, attrezzata e rafforzata. A fianco del bastone (i controlli), si potrebbe pensare ad un intervento “premiale” che valorizzi le imprese virtuose, attraverso condizioni di vantaggio e di riconoscimento positivo.
Il sistema delle ispezioni sul lavoro – a parere della Uil –  rappresenta uno degli strumenti necessari e prioritari nella difesa e tutela dei diritti dei lavoratori, ma, indirettamente, ha i suoi riflessi positivi anche sulle imprese (quelle virtuose), contrastando fenomeni di dumping. I Rapporti annuali sull’attività ispettiva costituiscono, da questo punto di vista, una ricca fonte di conoscenza della parte più nascosta, e troppo spesso poco conosciuta, del mondo del lavoro. Ciò anche per la preoccupazione del “lavoratore” (parte più debole del rapporto), nel denunciare fenomeni di irregolarità lavorativa per i più vari motivi, che vanno dallo stato di clandestinità dello stesso lavoratore, alla necessità di un lavoro qualunque esso sia e con qualunque modalità instaurato, anche se sottopagato, non dichiarato, fittizio, appeso a una continua, quanto incerta, reiterazione di contratti a termine L’importanza e l’efficienza dell’ispezione sul lavoro non sono, quindi, solo a garanzia della tutela dei diritti del singolo, ma hanno una portata ben più ampia che si spinge fino alla tutela dei diritti della collettività. Dal lavoro in nero e irregolare – conclude il rapporto – deriva la perdita di tutele lavorative e pensionistiche per il lavoratore che ne è interessato, ma anche un aggravio di imposizione fiscale per la collettività e, sul fronte delle imprese, una perdita di competitività di quelle virtuose a causa del dumping da concorrenza sleale di quelle che violano leggi e contratti collettivi.

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