I ritardi che si registrano nell’avvio dei tirocini formativi necessari a rendere operativa la misura del Reddito minimo di inserimento non fanno fare certo una bella figura alla Giunta Regionale. E quello che più preoccupa è la previsione del rinvio al nuovo anno dell’iter del provvedimento fortemente atteso, segnando ancora una volta la vittoria della burocrazia sull’emergenza sociale. Non so se possa essere sufficiente a spiegare i ritardi la motivazione delle dimissioni del Ministro Guidi e del suo staff al Mise avvenute il 31 marzo scorso, vale a dire 200 giorni fa.
E’ quanto afferma Giuseppe Potenza, segretario regionale DC-Libertas.
Non possiamo permetterci un Paese che mette 4,1 milioni di persone in condizioni i povertà assoluta, cioè persone che hanno difficoltà a garantirsi i beni minimi per una vita dignitosa e nel nostro caso – aggiunge – di lasciare da soli 11 mila persone (capifamiglia) che hanno fatto domanda per il reddito minimo, già sapendo che solo 4mila saranno i “fortunati” fruitori. Siamo di fronte a condizioni di indigenza che la crisi accentua. Per far fronte a questa situazione come cattolici impegnati in politica e nel sociale – dice Potenza – siamo favorevoli a un provvedimento non di bonus, ma universalistico, magari da attuarsi gradualmente nel tempo, come prevede la proposta dell'Alleanza contro la povertà.
La proposta di reddito di inclusione sociale dell'Alleanza contro la povertà – spiega – è una proposta non generica e sostenibile. Prevede 4 anni per arrivare a un fondo di circa 7 miliardi, con un programma di interventi dello Stato per coprire tutta la povertà assoluta. Lo Stato può trovare questi soldi sia dalla lotta all'evasione, sia a chiedendo a chi ha di più e non è stato toccato dalla crisi, attuando una ridistribuzione della ricchezza. Penso che vivremmo tutti in una società più giusta e equa dove ci sentiremmo tutti più garantiti. La crisi mette a rischio tutti. Avere una sicurezza per tutti è un fatto assolutamente necessario. Peraltro lo scivolamento nella povertà non riguarda solo settori marginali. Mi capita spesso di incontrare persone che da situazioni sicure si sono trovate improvvisamente in mezzo alla strada, anche imprenditori, lavoratori dipendenti, professionisti.
Anche rispetto ai nostri tirocini formativi, si cambia registro. Per le persone beneficiarie del Reis vengono intrapresi infatti percorsi di inclusione attiva nel mercato del lavoro. Queste, oltre che attivarsi direttamente nella ricerca di un impiego, devono dare disponibilità a frequentare attività di formazione o riqualificazione professionale e ad iniziare ogni occupazione congrua offerta dai centri per l’impiego. A livello locale il Reis va gestito in modo condiviso dai comuni, terzo settore, centri per l’impiego e degli altri soggetti impegnati nella lotta alla povertà.
Il disagio sociale – continua Potenza – ha tanti casi in cui l’ammortizzatore famiglia non ce la fa più. Di fronte a questa realtà sempre più insostenibile si è passati repentinamente dal parlare di «politiche per la crescita» a parlare di «politiche per fronteggiare il disagio sociale». Sono due cose ben diverse. Le prime hanno effetti nel tempo, le seconde fronteggiano soprattutto l’emergenza. Su questo piano il governo è sostanzialmente muto in quanto senza allentare il vincolo di bilancio c’è ben poco da fare.