Si può contribuire alla crescita del Mezzogiorno pur vivendo lontano dalla propria terra di origine? Può l’emigrazione giovanile trasformarsi da atavico problema del Sud in una inaspettata opportunità
di sviluppo? E in che modo?
Sono domande a cui cerca di rispondere il saggio “Terroni 2.0: cambiare il Sud vivendo altrove” del giornalista Piercamillo Falasca che sarà presentato domani 22 maggio a Potenza, nella Sala dell’Arco di Palazzo di città, a partire dalle 18.30 su iniziativa dell'amministrazione comunale del capoluogo.
Come si fa a cambiare il Sud vivendo altrove? Secondo Piercamillo Falasca attraverso un investimento culturale di lungo periodo. Mediante una lenta ma costante opera di “secessione individuale”.
"Chi è tornato a vivere al Sud dopo aver accumulato un patrimonio di esperienza importante – spiega Falasca – deve adoperarsi per smarcarsi dalle logiche che molto spesso pervadono il Mezzogiorno riconoscendo che se fosse rimasto a casa non avrebbe fatto quel percorso che ha potuto compiere passando da altre terre. Spesso non ci rendiamo conto, se non lo sperimentiamo sulla nostra pelle, cosa significhi che 70/90.000 diciottenni ogni anno lascino le regioni del Sud per studiare nelle Università del centro-Nord; che il 9% dei laureati delle Università settentrionali e il 21% di quelle centrali siano fatte di studenti del Mezzogiorno e che i loro voti medi siano più alti di quelli della popolazione generale di questi Atenei. E questo fenomeno passa sotto silenzio o prende la via della lamentela personale e politica. Nessuno pensa a questo fenomeno-continua Falasca- come a una grande opportunità per il Sud. Dovremmo trasformare la questione meridionale nella questione “dei” meridionali. Pensare che ogni persona dei 17 milioni che nasce in queste terre (l’ottavo Paese d’Europa se fosse uno Stato indipendente) può contribuire alla questione meridionale elevando la sua condizione personale e culturale e, di conseguenza del Sud nel suo complesso, indipendentemente da dove vive.E’ all’interno dei nostri comportamenti individuali che c’è la risposta per il possibile cambiamento del Sud. In secondo luogo, la connessione – spiega l’autore – non si crea tra chi resta e chi va, ma tra chi ha una mentalità al cambiamento e chi no. Pertanto la presenza fisica sul territorio non è una discriminante fondamentale per potersi elevare a motore del cambiamento. Non credo assolutamente negli appelli al ritorno o al non mollare perchè sono delle ipocrisie. Da sempre le persone viaggiano e quelle che si ibridano di solito si costruiscono una cultura molto più valida. Il problema – conclude Falasca- è che a studiare qui non viene nessuno. Non si può chiedere ad una persona di sacrificare la propria individualità per il bene di una collettività che molto spesso inibisce quella individualità, la deprime, la deteriora. Ma per quei pochi giorni che si torna a casa ognuno può scuotere la propria comunità con dei comportamenti nuovi partecipando alla vita pubblica e culturale.”
Falasca nel libro parla anche di storie di chi, dopo essersi formato professionalmente fuori, torna e ha successo. Ci sono poi le storie di chi non emigra fisicamente, ma "in Rete", di fatto sfruttando le enormi potenzialità di Internet per lavorare, fare impresa, migliorare la propria condizione.
bas 08