Simonetti (Csres): bilancio e proposte a 36 anni dal sisma

Trentasei anni fa il sisma che colpì la Basilicata e l’Irpinia. Pietro Simonetti                                        (Centro studi e ricerche economico-sociali) traccia un bilancio e lancia proposte per riutilizzare le risorse umane e materiali presenti nel territorio.
“Con la legge 219 del 1981, e successive modificazioni, lo Stato ha allocato in Basilicata oltre settemila miliardi di vecchie lire, 6000 per la ricostruzione, infrastrutture stradali e industriali e circa 1000 per il finanziamento delle aziende industriali.
Il dato relativo al livello occupazionale attuale nelle aree terremotate lucane è di 1.600 lavoratori diretti contro una previsione di 6062, indiretti compresi, di posti di lavoro finanziati. Delle 107 aziende finanziate ne rimangono oltre 50. Occorre dire che alcune aziende, tra quelle fallite o che non hanno mai aperto (circa 30) sono state riassegnate, occupate abusivamente o fittate dai curatori fallimentari, con scarse  attività produttive o occupazionali.
Nel 2016 in Basilicata ci sono circa 100 capannoni, o strutture similari, di cui una ventina finanziati da Legge.219/81 ed i restanti con 488/92 e  la 64/74, non utilizzate o solo parzialmente. Scorrendo l’elenco delle aziende emergono situazioni di spreco e di scarsissimo utilizzo. Sono i casi della ex Abl di Balvano,  17.000 mq, ora 0 dipendenti, oppure della ex Ets di Tito, che occupava 250 lavoratori, ora solo 22 oppure la Sinoro mai entrata in produzione. Molte aziende sono da anni in  gestione fallimentare o sono state svuotate degli impianti che sono tornati alle aziende produttrici in Italia o vendute all’estero o spogliati di tutto: Standartela, Ets Etm, Abl, Parmalat, e tante altre.
Si  tratta di un enorme patrimonio di immobili e infrastrutture di un valore stimabile almeno  200 milioni.
Anche la recente riassegnazione di suoli e strutture è fallita in uno con i bandi di reindustrializzazione. L’ultima legge approvata per il risanamento dei consorzi industriali è completamente non applicata: nemmeno uno stabilimento è stato riutilizzato o riassegnato con le nuove norme mentre l’indebitamento dei consorzi viaggia attorno ai 100 milioni.
La valutazione sugli esiti delle politiche industriali del post-terremoto e del periodo successivo comporta l’analisi di uno scenario che vede l’industria manifatturiera italiana, in particolare quella del Mezzogiorno, in una fase di difficoltà ma anche di forte ristrutturazione di processo e di  prodotto.
I dati ultimi forniti da Bankitalia segnalano una leggera ripresa produttiva nelle aree della Toscana, dell’Emilia Romagna e della Lombardia. Anche nel territorio piemontese si registrano segnali positivi nel comparto manifatturiero e nei servizi, soprattutto di quelli  immateriali.
L’export si rafforza  mentre prosegue l’allocazione dell’impiantistica italiana, con una flessione della delocalizzazione nel settore tessile e dei prodotti  a bassa innovazione e qualità. Invece risulta forte l’esportazione delle macchine utensili e di  processo con il rientro e il potenziamento di comparti  prima allocati all’estero.
In questo scenario, si colloca il processo di ristrutturazione del settore automobilistico, dalla ideazione alla vendita. In Italia circa 1.400.000 persone lavorano nel comparto automobilistico e una parte degli occupati in questo segmento, componentistica compresa, sono allocati in Basilicata e Campania. La ristrutturazione del sito di  Melfi ha prevalentemente sostenuto l’aumento del  Pil lucano del 5 per cento nel 2015.
La proposta di riutilizzo delle strutture del post-terremoto e del successivo trentennio, rimane di assoluta attualità. Occorre elaborare un progetto  che ridia senso alla programmazione industriale ma soprattutto ridefinisca il ruolo dei consorzi industriali con un solo Ente guidato da persone competenti di livello internazionale con adeguate  politiche industriali e di gestione.
La situazione economica attuale determina, soprattutto nelle aree interne dell’arco appenninico, che corrispondono in parte alle aree terremotate, una gravissima crisi demografica che, se non affrontata, diventerà la causa prima dell’impossibilità di risolvere la questione del reddito, delle attività produttive e dell’istruzione.
Mentre nelle altre aree italiane, in particolare del centro-nord, la caduta demografica è stata compensata dai flussi migratori in entrata, anche con il contributo di una quota di giovani provenienti dal Mezzogiorno, nelle zone interne i flussi migratori  dall’estero sono di passaggio e sostanzialmente legati per un terzo ai lavori di cura degli assistenti domestici.
In Basilicata, su 44.000 lavoratori migranti utilizzati nel 2015 nei diversi comparti, la quota delle assistenti domiciliari corrisponde  quasi alla metà.
Tale situazione reclama  con forza  un piano di ripopolamento, anche per riutilizzare le case sfitte dei centri storici dei piccoli comuni e per dotare di forza lavoro settori come quello agro-alimentare, quello delle costruzioni e dei servizi. Qui occorre creare uno strumento ad hoc: una agenzia di scopo che gestisca l’organizzazione dei flussi in entrata  anche mediante accordi con i paesi terzi a partire da quelli rivieraschi del Mediterraneo. In questo momento in Italia ci sono oltre 200 mila profughi richiedenti asilo, in Basilicata, nelle ultime settimane sono ospitati circa 3000 persone. Oltre 20.000 stranieri sono residenti, 2800 bambini e giovani sono inclusi nel sistema scolastico. Occorre lavorare anche per il rientro dei giovani lucani che studiano in Italia e all’estero.
La centralizzazione dell’intervento, attraverso la mano pubblica, le associazioni e le parti sociali diventa essenziale per l’attuazione di un tale progetto che dovrebbe anche provvedere alla formazione professionale e misure per il riutilizzo, la manutenzione delle case sfitte anche per i giovani lucani.
In Basilicata ci sono 4.500 lavoratori espulsi del sistema produttivo o attualmente in cassa integrazione, la maggior parte  in deroga. Da prossimo 1 gennaio non ci sarà più la mobilità o gli ammortizzatori in deroga.
Ed ancora: circa 6.000 lavoratori  utilizzano i fondi regionali e quelli del petrolio per le attività di forestazione e manutenzione ambientale.
Solo in questi segmenti lavorativi abbiamo quindi oltre 10.000 lavoratori che a fronte di una proposta di riuso dei siti manifatturieri inutilizzati, una diversa ed efficace manutenzione e la salvaguardia ambientale, le attività di ricerca e di sviluppo, la qualificazione del sistema formativo e scolastico possono, insieme ai disoccupati, ai neo-laureati e ai diplomati, ai migranti, diventare il motore per sostenere  una piattaforma programmatica per un modello di sviluppo diverso. Il quadro di riferimento finanziario sono il programma operativo regionale 2013-20, il bilancio regionale e gli stanziamenti statali.
L’architrave di un simile progetto, che ha bisogno del piano di ripopolamento, è centrato sui cicli agro-alimentari e turistici, su quello manifatturiero e dell’energia e della tutela del territorio.
Importante è l’assenza della camorra e delle mafie anche sono presenti organizzazioni criminali ed il caporalato nel mercato del lavoro.
Esistono anche esperienze produttive fortemente innovative nel settore automobilistico e alimentare e nella ricerca scientifica: in particolare si segnala il ruolo che può giocare il metano, fornito a costi ridotti, a bocca di stabilimento o di azienda, sia nel settore manifatturiero sia in quello agro-alimentare, specie nella serricoltura e nell’agricoltura verticale 4.0, nonché i derivati del petrolio. L’industria pulita dei polimeri solidi e liquidi, che sostiene tanto l’industria estera che quella italiana nella componentistica auto, nel ciclo della plastica, nella sanità e nella farmaceutica, è una prospettiva importante.
Strategica può essere la ricerca e l’utilizzo dell’idrogeno. Quindi un vero e proprio distretto per la lavorazione polimeri e delle nuove energie.
L’utilizzo dei polimeri nelle nostre aree potrebbe cambiare il paesaggio produttivo e occupazionale trattandosi di attività non inquinanti per rifornire i distretti industriali che utilizzano i prodotti realizzati in Basilicata  che diventerebbe un polo molto importate.
Accanto, in stretta connessione a tale ipotesi, avanza con forza l’uso della risorsa idrica, delle energie alternative, (ma qui occorre effettuare interventi di orientamento e controllo per evitare attività speculative anche in relazione alle prossime dismissioni per il superamento delle tecnologie impiegate) sviluppo della raccolta differenziata dei rifiuti e del trattamento di quelli speciali e il loro riciclo, può comportare, anche con il riuso di alcune aziende manifatturiere, un forte impatto occupazionale e produttivo che certamente genererà anche la fruizione di beni culturali , ambientali e turistici, quindi la loro gestione ottimale.
Un ruolo particolare potrà svolgere la riconversione del sistema formativo e scolastico, non solo sul piano occupazionale, ma anche per tener conto della riforma della pubblica amministrazione, della gestione delle aree di disagio e delle povertà, l’innovazione nell’organizzazione del lavoro, anche a livello di processo e di prodotto, inclusi il comparto artigianale e dei prodotti tipici e degli antichi mestieri, quindi nuove pratiche formative  partire da  quella continua.
Il tema della logistica e della mobilità non  potrà essere affrontata secondo i canoni delle politiche della Cassa del Mezzogiorno. Diventa essenziale, nelle aree interne, la manutenzione stradale, urbana e abitativa
La rivendicazione di opere pubbliche faraoniche, di assi stradali frequentati da pochi, di aree artigianali senza artigiani, di aeroporti senza aerei e così via, deve lasciare il passo all’aggregazione dei servizi comunali e alla loro gestione, al rafforzamento del trasporto pubblico con il nuovo piano, alle misure di integrazione tra i territori.
La priorità strategica di questa progettualità non può che essere rappresentata dal superamento del digital divide, sia per l’hardware sia per il software, ma soprattutto per l’accesso veloce alla rete internet. In una situazione che vede sempre di più l’affermazione di transazioni commerciali e della firma digitale occorre prepararsi adeguatamente a reggere la sfida. La Basilicata lo fece con il Progetto “Un computer in ogni casa” (60000 stazioni informatiche  e  carta servizi utilizzando le risorse del FSE). E’ possibile a 36 anni dal sisma utilizzare le risorse del passato,riflettere sui risultati positivi e negativi ,preparando in il futuro. Per fare questo occorre superare la lotta fratricida senza quartiere in corso nell’ambito dei gruppi dirigenti a tutti i livelli.
Scriveva un grande filosofo “il nichilismo è il più inquietante fra tutti gli ospiti, perché ciò che esso vuole è lo spaesamento come tale. Per questo non serve a niente metterlo alla porta, già da tempo e in modo visibile, esso si aggira per la casa. Ciò che occorre è accorgersi di questo ospite e guardalo bene in faccia”.

bas 02

    Condividi l'articolo su: