Con 66 sfratti eseguiti in Basilicata nel 2015 su 76 provvedimenti esecutivi e 409 richieste di esecuzione la situazione degli sfratti, segnale dell’emergenza abitativa, anche se non ha gli stessi aspetti allarmanti delle grandi città italiane, va tenuta sotto attenta osservazione. Lo afferma la Uil facendo riferimento ai recenti dati del Ministero dell’Interno sui provvedimenti di sfratti relativi all’anno 2015 e dal “Rapporto Immobiliare 2016” dell’Agenzia delle Entrate sulle locazioni immobiliari. Al di la del numero di provvedimenti giudiziari eseguiti con l’allontanamento dei nuclei familiari dall’abitazione che potrebbe sembrare riduttivo, la percentuale di incremento – si legge nella nota – è del 20,6% in più rispetto al 2014 a testimoniare come la crisi economica si ripercuota sulla difficoltà per le famiglie di pagare l’affitto. Infatti, secondo il rapporto dell’Ufficio Aree Urbane Casa della Uil, i provvedimenti esecutivi di rilascio di immobili a uso abitativo sono stati in Italia 64.676 (in aumento del 23,7% rispetto al 2008, ultimo anno pre-crisi economica) di cui 57.015 dovuti a morosità e altra causa (con un incremento del 38,4% rispetto al 2008).
L’incessante e implacabile crisi economica di questi lunghi anni – è scritto nella nota – ha prodotto ricadute negative sia sul fronte occupazionale che sociale, con una riduzione del reddito per centinaia di migliaia di famiglie, che, come dimostrano i dati sugli sfratti, si è tradotta, in molti casi, anche nella difficoltà di pagare il canone di locazione. Si pensi solo che in Italia, nel 2015, il rapporto tra sfratti emessi e numero famiglie è di 1 ogni 399 famiglie, molto più basso rispetto al rapporto che si era registrato negli anni pre-crisi. A livello regionale, la Basilicata presenta dati di sofferenza abitativa tra i meno preoccupanti del Paese con un rapporto di 1 sfratto emesso ogni 3.056 famiglie.
Ciò che maggiormente preoccupa di questo quadro – osserva la Uil – è l’incremento, negli anni, dell’incidenza degli sfratti per morosità che, nel 2015, assorbono l’88,2% con una crescita, rispetto al 2008, di oltre 9 punti percentuali (78,8% del 2008). Pur non essendo menzionati i motivi degli sfratti che vedono nella morosità la principale causa, è, però, presumibile che gran parte degli stessi derivi da una “morosità incolpevole” cioè da una situazione di sopravvenuta impossibilità a provvedere al pagamento del canone locativo, in ragione della perdita o consistente riduzione della capacità reddituale del nucleo familiare. I cambiamenti della società e la crisi occupazionale vedono aumentare sempre più le famiglie mononucleari e monoreddito. Da qui l’esigenza di capire quanta parte del reddito individuale venga assorbita dal “caro affitti”, quale potenziale causa di sfratti per morosità. Per fare ciò ci avvarremo del Rapporto OMI che analizza il fenomeno del mercato degli affitti delle abitazioni in Italia ad uso residenziale, registrati nel 2015, presso l’Agenzia delle Entrate.
Dati allarmanti dunque – sottolinea la Uil – in considerazione del fatto che fino ad ora non sono stati attivati quegli auspicati interventi governativi che avrebbero potuto segnare un’inversione di tendenza. Uno strumento utile sarebbe ripristinare il Fondo sostegno affitti, azzerato per il 2016 dalla legge di stabilità, consentendo alle Regioni di attuare una politica di programmazione adeguata alle esigenze dei cittadini. Continuiamo a dire che è necessario mettere al centro di tutto l’”affitto”, tramite l’introduzione di politiche fiscali premianti, come, ad esempio, quella di prevedere la possibilità per l’inquilino di detrarre dalle tasse parte dell’affitto, facendo emergere, tra l’altro, le tantissime locazioni in nero. Appare chiara, quindi, la necessità di un effettivo piano di rilancio dell'edilizia popolare che possa creare, attraverso l'opportuno coordinamento di risorse pubbliche e private, le condizioni per il risanamento di interi quartieri metropolitani e per il reperimento di abitazioni compatibili con l'ambiente e caratterizzate da costi realmente sostenibili per le famiglie. Il “caro casa” incide pesantemente sulle tasche degli italiani, in particolare per chi sta soffrendo un disagio occupazionale e, più in generale, per lavoratori e pensionati i quali hanno visto calare, negli ultimi anni, le loro disponibilità economiche.
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