Sanchirico (Cd): i significati del ritorno della pasta di Matera

Pietro Sanchirico, dirigente nazionale e componente segreteria regionle Centro Democratico interviene, con una nota sul significato e le ricadute del ritorno della pasta di Matera:
"Il ritorno della pasta di Matera, prodotta con semola di grani duri della Basilicata, con il marchio di “Alvino”, nell'anno dell'Expo dove la pasta è il simbolo per eccellenza del made in Italy alimentare, ha tanti significati. Alcuni locali riferiti alla filiera agroalimentare e all'ulteriore promozione per Matera Capitale della Cultura Europea 2019. Intanto, il settore cerealicolo lucano è in grave affanno ed ha necessità di nuove politiche che diano reali sostegni alle imprese agricole che non possono continuare ad operare nell’incertezza più profonda e in un sistema scarsamente competitivo che sta fiaccando sempre più i produttori. La scelta di tanti cerealicoltori di non seminare (nel Materano dove la qualità di grano duro è stata una nobile tradizione, in pochi anni le superrficie cerealicole si sono ridotte del 30-40%) dipende innanzitutto dal fattore costi, visto che oggi i prezzi di mercato rispetto alla concorrenza estera non riescono a compensare gli oneri da fronteggiare. Tanto più nell’ambito dei cereali, dove -nonostante gli aumenti sia pure risicati di listino- il prezzo di grano duro e grano tenero pagato ai nostri agricoltori resta tutt’ora tra i più bassi del mondo. E appena due anni fa sembrava fantascientico solo pensare di produrre pasta a Matera. Non è un mistero per nessuno che in Basilicata è da anni diffuso grano proveniente soprattutto dall’Ucraina, dal Kazakhistan, dall’Australia, dal Canada e dal Messico, che viene scaricato al porto di Bari, e dalla Turchia, attraverso l’interporto di Foggia e per la pasta prodotta in Italia sono impiegati grani duri per il 50-60 per cento di origine estera, con seri problemi di qualità e sanità del prodotto e che sicuramente già adesso non reggono la prova della pasta al dente, sino al rischio, da qui a qualche anno, di non poter più disporre di pasta al dente. Secondo il Centro di Ricerca per la genomica del Cra (Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura) di Fiorenzuola d’Arda (Piacenza) avremo raccolti di grano più ricchi, anche del 20%, ma il frumento conterrà meno proteine, fattore determinante per la tenuta della pasta. La cottura perfetta, vanto della pastasciutta all’italiana, sarà – avvertono i ricercatori – solo un bel ricordo entro i prossimi 20 anni. Solo un buon grano duro e una produzione di pasta che recuperi la tradizione può consentire di garantire il gustoso piatto di pasta in tavola. Uno sforzo che ci richiede il primo prodotto-simbolo del “made in Italy” proprio quando all’estero stanno facendo di tutto per imparare a cuocere la pasta «come si fa in Italia» superando la diffusa (sempre all’estero) pasta troppo cotta. Ed ecco un forte significato nazionale di cui essere orgogliosi".

BAS 05

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