Sclerodermia: Basilicata protagonista con Carriero

Lo studio del medico dell’Azienda sanitaria di Potenza è stato accolto dalla rivista 'Lancet Reumatology'. Per il dg Maraldo, la professionalità del reumatologo “è emblematica perché dimostra che è possibile fare eccellente sanità anche in Basilicata, trattenendo i giovani di valore"

Un’eccellenza tutta lucana per la ricerca anglo-americana sulla sclerosi sistemica, nota anche come sclerodermia, malattia reumatologica grave che colpisce numerosi organi, i cui risultati sono stati pubblicati a fine marzo dalla rivista di settore più prestigiosa a livello mondiale, “Lancet Rheumatology”. Lui è Antonio Carriero, medico specialista ambulatoriale in Reumatologia impiegato presso l’ASP Basilicata dal 2019, e che, a partire dai prossimi giorni, dopo aver operato presso gli ambulatori distrettuali di Rionero, Melfi, Venosa, Sant’Arcangelo e Villa d’Agri, approderà definitivamente al Poliambulatorio Madre Teresa di Calcutta del capoluogo lucano dove già aveva delle ore assegnate. Carriero, reumatologo trentottenne con un Master di II livello in “Metodologia Epidemiologica e Biostatistica per la Ricerca Clinica” e un Dottorato di Ricerca in “Medicina Translazionale e Clinica”, nel 2018 approda a Leeds, in Inghilterra, iniziando tale ricerca e partecipando attivamente nel gruppo di studio sulla sclerosi sistemica, guidato dal Professor Francesco Del Galdo, in collaborazione con undici prestigiosi centri americani di reumatologia (tra questi Yale School of Medicine, Johns Hopkins University, University of Michigan, Columbia University, Massachusetts General Hospital – Boston). Molti i suoi feedback giunti al gruppo di lavoro anche dopo il rientro in Italia. Nel periodo inglese Carriero ha raccolto dati clinici e campioni sierici, questi ultimi inviati poi per essere analizzati negli Stati Uniti, creando di fatto un database di pazienti con sclerosi sistemica. Dai risultati di questa ricerca è emerso che i pazienti con un’elevata espressione delle citochine indotte dall’Interferone di tipo I – che è una citochina implicata nella patogenesi della malattia – presentavano complicazioni cliniche polmonari maggiori, peggiore qualità di vita ed erano anche coloro che arrivavano al decesso in maniera più frequente rispetto a pazienti con scarsa espressione dell’Interferone di tipo I. La ricerca “Interferon score sierico, basato sull’Interferone di tipo I come biomarcatore dell’attività di malattia in pazienti con sclerosi sistemica diffusa” è stato uno studio di coorte retrospettivo: inizialmente ha coinvolto un campione di 72 pazienti adulti, per poi estenderlo ad un numero maggiore per poter validare i primi risultati. Da lì il contatto con i referenti del database americano in cui erano conservati i sieri dei pazienti adulti affetti da sclerodermia in forma diffusa ed ai quali è stato proposto di effettuare gli stessi esami sulle medesime citochine studiate a Leeds. I risultati della coorte americana sono stati in linea con quelli della coorte inglese, per cui è stato confermato che l’attivazione dell’Interferone di tipo I (IFN) è associata ad una grave forma di sclerosi sistemica diffusa, infatti è stata esaminata l’associazione tra l’IFN-score con l’attività e gli esiti di malattia in due coorti di pazienti con sclerosi sistemica diffusa. I pazienti, sia inglesi che americani, sono stati classificati con IFN-score elevato (vs IFN-score basso) quando la media della somma del logaritmo naturale delle sei chemochine (IFN-indotte) era maggiore di due deviazioni standard rispetto ai controlli sani esaminati. L’IFN-score è stato analizzato su 110 pazienti nella coorte incidente americana, di cui 76 donne e 34 uomini, e su 72 pazienti nella coorte prevalente inglese, di cui 50 donne e 22 uomini. Il paragone di confronto è stato fatto con 32 soggetti sani, di cui 19 donne e 13 uomini. 27 dei 72 pazienti della coorte inglese sono stati classificati con un IFN-score elevato, mentre 50 su 110 sono stati classificati IFN-score elevato nella coorte americana. Nei pazienti con IFN-score elevato è stata accertata una correlazione con una malattia al basale peggiore rispetto ai pazienti classificati come IFN-score basso, una durata media di malattia più breve, maggiori complicazioni polmonari, peggiore qualità di vita e mortalità a 5 anni più elevata rispetto ai pazienti IFN-score basso.

Per Antonio Carriero aver partecipato a tale ricerca: “è motivo di orgoglio e crescita professionale ed ancor di più lo è l’aver constatato l’importanza della stessa a livello internazionale tanto da aver suscitato l’interesse di una delle riviste più prestigiose al mondo. Una ricerca con cui è stato possibile individuare un biomarcatore che potrebbe diventare un test diagnostico per i clinici, per individuare le forme più severe di una malattia importante che impatta pesantemente la vita di chi ne è affetto. Va aggiunto inoltre che, anche sulla scorta dei risultati del presente studio e data la scarsità di terapie per questa temibile patologia, è in corso uno studio clinico randomizzato che sta valutando l’efficacia di una terapia che blocca l’Interferone di tipo I nei pazienti affetti da sclerodermia”.

Dopo la pubblicazione della ricerca sul Lancet Reumatology sono intervenuti i vertici dell’Azienda Sanitaria Locale di Potenza: per il Direttore Sanitario Luigi D’Angola “lo studio a cui ha partecipato Carriero, specialista convenzionato dell’ASP nella branca di Reumatologia, è, al di là degli aspetti di merito, motivo di riflessione sulla possibilità che, anche in Basilicata,  i giovani professionisti hanno di esprimersi in termini più che lusinghieri nel campo della ricerca oltre che della clinica. Tanto ad evidenza che le condizioni di lavoro e di studio possono consentire la crescita e lo sviluppo delle professionalità avendo a riferimento l’interesse superiore della cura, sicura e di qualità, degli assistititi. L’esperienza di Carriero unitamente a quella di tanti deve, altresì, costituire per gli amministratori di sistema dell’Asp spunto per ripensare i rapporti con tutto il mondo della specialistica convenzionata, di cui Carriero è parte, secondo un nuovo paradigma teso a promuovere la crescita di tutte le professionalità che vi operano e che costituiscono il vero tessuto connettivo del setting dell’offerta prestazionale dell’ASP”.

“La professionalità di questo giovane reumatologo in forze all’azienda sanitaria locale di Potenza è emblematica perché dimostra che è possibile fare eccellente sanità anche in Basilicata, trattenendo i giovani di valore o facendo in modo che essi rientrino nella loro regione di origine”. È il commento del Direttore Generale Antonello Maraldo il quale aggiunge che “oltre allo spessore del professionista va tenuto conto anche l’empatia dell’uomo. Per il futuro della sanità lucana e della specialistica, non mancheranno certamente le note positive rivenienti nei prossimi anni dai laureati della facoltà lucana di medicina. Con la facoltà di medicina ci aspettiamo che siano in tanti i giovani medici lucani che si metteranno al servizio della loro regione. Quanto all’organizzazione aziendale, è di grande importanza proprio il ruolo degli specialisti ambulatoriali, come Carriero, che sono parte integrante e qualificata dell’Asp”.

 

 

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