Referendum, FdI – An della Basilicata dice No

"Il Consiglio dei Ministri di lunedì 26 settembre fisserà la data per la celebrazione del Referendum costituzionale, ove saranno chiamati i circa 50 milioni di elettori italiani per decidere se approvare o meno la revisione della carta costituzionale,voluta da una parte del parlamento, e che è vigore nel nostro Paese 1 gennaio 1948. Sarà una data importante quella dello svolgimento elettorale". E' quanto si legge in una nota di Leonardo Rocco Tauro, del coordinamento regionale di FdI-An.
"Siamo nettamente contrari a questa revisione per tutta una serie di motivazioni, che tenteremo di sintetizzare al massimo, quantunque la materia è cosi vasta e complessa che un po’ di spazio lo dovremo concedere. Per cominciare, siamo nettamente contrario sia nel metodo che nel merito.
Nel metodo, si è scelta la via del braccio di ferro da parte della maggioranza per farla approvare, con l'aiuto di parlamentari transfughi, cioè votati da elettori di centro destra, e già questo doveva evitare l'insistere nella doppia approvazione alla Camera e al Senato. Senza numeri propri non si può fare la voce grossa, né tanto meno continuare nell'intento.
Fermarsi ed attendere tempi migliori, ammettendone la impossibilità, sarebbe stata la scelta più saggia.
Oppure, avere il coraggio, Renzi e tutti gli altri a lui vicino, se volevano passare alla storia, di far eleggere dai cittadini, al momento delle elezioni politiche, una Assemblea Costituente, con i nuovi 100 "padri costituenti", dopo quella del 1946, che portò alla nascita della costituzione tuttora vigente.
Che avrebbe dovuto lavorare 18 mesi e poi rimetterla al Parlamento per una prima approvazione, e poi per una definitiva conferma da parte degli elettori italiani.
Assemblea costituente eletta a suffragio universale in modo rigorosamente proporzionale, per dare a tutte le anime politiche presenti nella nazione la possibilità di far eleggere propri esperti della materia.
Nel merito, poi ci sarebbe da dire e scrivere ancor di più.
Ci limitiamo ad alcuni aspetti.
Il Senato non viene soppresso, ma cambia solamente pelle, divenendo una vera e propria stanza dei partiti maggiori, formata da sindaci e consiglieri regionali, con spruzzatina quirinalizia.
Si abolisce l'ente Provincia, non prevedendo chi e come gestirà poi la materia di competenza provinciale, che è, invece, organismo meritevole della più ampia difesa, atteso che le Regioni sono state e sono la causa primaria dell'esponenziale aumento del debito pubblico dal 1970, anno della loro nascita come istituzioni territoriali ( le 15 a statuto ordinario).
Dura fu in quella occasione la protesta di Giorgio Almirante e del MSI contro la partenza di questa idrovora finanziaria.
Ancora, confusione totale tra i compiti del nuovo Senato e quelli della Camera dei Deputati, che oggi tutti paventano come blocco totale della stessa azione legislativa.
Comuni e Regioni perdono moltissimo della loro autonomia e della capacità di opposizione su materie sensibili per la vita delle stesse comunità, con accentramento esclusivo da parte dello Stato ( per intenderci, se questo cambio di costituzione fosse avvenuto lo scorso anno con votazione qualificata, sulla questione petrolio, per esempio i cittadini non si sarebbero potuti esprimere come invece è avvenuto lo scorso mese di aprile con il pertinente referendum).
La favoletta del risparmio della politica non regge più.
Perché se si volevano veramente ridurre i costi della politica, si dimezzavano le indennità ai parlamentari, chi lo vieta ? La verità vera è quella che con la scusa del risparmio, si vuole cancellare la partecipazione dei cittadini nella scelta dei propri rappresentanti. Mirano cioè alla eliminazione dello spazio democratico.

Per certi politici, asserviti agli interessi di poteri ben definiti, e massonici, e non è un termine messo tanto per, è fastidioso che i cittadini possano decidere. Lo ha detto chiaramente un attuale senatore a vita, già fallito presidente del Governo di qualche anno fa.

Poteva e doveva essere questa revisione, che pure vogliamo ed auspichiamo, ma per altri motivi e ben più alti, la Nuova Costituzione di un popolo riunificato dopo la tragedia della guerra civile del 1940-45 e anni successivi, che non permise nella sua elaborazione la presenza di tutti gli italiani.

Quella su cui si dovrà votare, è una Costituzione, invece, partorita solamente da un gruppo di parlamentari, tra l'altro con voto di fiducia; quella di 70 anni dopo doveva essere quella della ritrovata unità nazionale, per meglio affrontare le sfide terribili e tragiche del presente.

Così come non cambia, ed invece doveva cambiare, la parte relativa alla possibilità per cittadini di esprimersi anche riguardo la sottoscrizione di accordi internazionali, per intenderci meglio, dare la possibilità agli italiani di decidere se restare o andare via da questa assatanata e sgangherata Unione europea.

Ormai tale organismo sovra nazionale non fa più rabbia, fa pena, che è ancora peggio.

Prima ce ne torniamo a casa nostra e meglio sarà per tutti.

Per la legge elettorale, infine visto che l'Italicum si può considerare defunta, prima di nascere, attendiamo il verdetto della Consulta per effettuare le dovute considerazioni".

bas04

    Condividi l'articolo su: