Reddito minimo inserimento, le osservazioni di Romaniello

Il consigliere regionale del Gruppo misto nella riunione della quarta Commissione ha presentato alcune proposte sulla delibera della Giunta regionale

Modificare i requisiti previsti per presentare la domanda di partecipazione al programma del Reddito minimo: &egrave; quanto chiede il consigliere regionale del Gruppo misto Giannino Romaniello che oggi nella riunione della quarta Commissione ha presentato alcune proposte. &ldquo;Sono due le principali osservazioni che ho evidenziato che dovrebbero pertanto portare a una ulteriore riflessione e modifica dell&rsquo;articolato, per evitare che la giusta decisione assunta dal Consiglio e dalla Giunta di sperimentare il reddito di inserimento produca iniquit&agrave;&rdquo;, afferma il consigliere chiarendo che, &ldquo;per quanto riguarda i requisiti per presentare domanda di partecipazione al programma – 18 anni minimo e 65 anni massimo – andrebbero modificati, il primo perch&eacute; ci possono essere nuclei familiari a forte disagio sociale con figli che hanno tra i 16 e i 18 anni e che hanno abbandonato la scuola (es. vedova con pensione minima o di invalidit&agrave; con figlio sedicenne, oppure ultrasessantacinquenne privo di lavoro e pensione) che verrebbero esclusi&rdquo;.<br /><br />&ldquo;Per quanto riguarda gli altri requisiti e cio&egrave; non possedere un diploma di scuola media superiore o professionale, avere superato i 50 anni di et&agrave;, appartenere ad un nucleo familiare monoreddito sono condizioni&nbsp; – dice Romaniello- che appaiono limitative e poco chiare. Infatti se si hanno&nbsp; 49 anni con diploma e si fa parte di un nucleo familiare di 4 persone con reddito derivante da due rapporti di lavoro part-time di due componenti con Isee superiore a 9.000 euro, si rimane esclusi&rdquo;.<br /><br />&ldquo;Con l&rsquo;attuale impostazione &ndash; continua il consigliere del Gm -&nbsp; ci si potrebbe trovare di fronte alla seguente situazione: percepirebbe il reddito d&#39;inserimento un lavoratore in mobilit&agrave; scaduta e percepita per 7 anni con un nucleo familiare di 4 persone di cui un componente con reddito lordo di circa 24.000 euro (moglie dipendente pubblica), risparmi di 15.000 euro e proprietari di prima casa, mentre verrebbe escluso un lavoratore licenziato da una piccola impresa facente parte di un nucleo familiare sempre di 4 persone con due pensioni minime, oltre a casi di nuclei di 3 unit&agrave; con una pensione minima, risparmi di 15.000 euro e proprietari di prima casa. Non &egrave; pertanto condivisibile l&#39;ipotesi di definire due tipologie di accesso allo strumento, prevedendo per i primi, la categoria A, un Isee annuo dell&#39;intero nucleo familiare non superiore a 18.500 euro e per&nbsp; i secondi, la categoria B, un Isee sempre dell&#39;intero nucleo familiare non superiore a 9.000 euro all&#39;anno&rdquo;.<br /><br />&ldquo;Quando abbiamo presentato la proposta sul reddito minimo, reddito di cittadinanza &ndash; afferma ancora il consigliere regionale -&nbsp; non abbiamo pensato a questo strumento come&nbsp; palliativo alla mancanza di lavoro, che resta l&rsquo;obiettivo principale alla base di qualsiasi strumento in materia di politiche inclusive e politiche attive per il lavoro. Siamo, quindi, partiti dalla consapevolezza che un provvedimento, qual &egrave; quello di dare piena&nbsp; attuazione a quanto previsto dall&rsquo;ultima risoluzione del Parlamento europeo del 20 marzo 2010, non pu&ograve; che trovare una compiuta ed efficace soluzione a livello nazionale rivedendo tutte le leggi oggi esistenti sul sostegno al reddito e lotta alla esclusione sociale. Un provvedimento a livello regionale, non pu&ograve; che essere sperimentale oltre che tener conto delle risorse disponibili. Consapevolezza quindi,&nbsp; nel sapere che, ai fini di individuare una misura di sostegno economico, associata a forme di lavori di pubblica utilit&agrave;, deve prima di tutto caratterizzarsi per essere equa e di valenza generalista evitando di introdurre qualsiasi forma di discriminazione e differenziazione fra soggetti che a causa del non lavoro o della perdita dello stesso vivono la identica situazione economica e sociale. Parit&agrave; quindi nell&rsquo;accesso allo strumento.<br />Pertanto, premesso che la delibera in oggetto, in ossequio a quanto previsto dall&rsquo;art. 15 della L.R. 26/2014, prevede la promozione di una misura di sostegno al reddito nell&rsquo;ambito di una strategia pi&ugrave; generale di politiche attive finalizzate all&rsquo;inserimento lavorativo, nonch&eacute; la definizione di criteri di accesso ecc, si evidenzia che le linee generali della&nbsp; delibera di attuazione non sono state oggetto di&nbsp; confronto con la rappresentanza consiliare n&eacute; tantomeno del dibattito tenutosi in Consiglio sul tema&rdquo;.<br /><br />&ldquo;Una impostazione condizionata &ndash; afferma Romaniello – prevalentemente dal confronto con le parti sociali e calibrata sulla sola necessit&agrave; di dare risposta a due platee ben definite. Idea, questa, che introduce elementi&nbsp; di forte criticit&agrave; e disparit&agrave; di trattamento a parit&agrave; di condizioni, che stride col concetto stesso di reddito minimo/reddito di cittadinanza cos&igrave; come inteso nell&rsquo;accezione europea.<br />Una scelta, quella della Giunta, che rischia di apparire come pura misura di assistenza e che non tiene conto di una platea molto pi&ugrave; vasta a cui dare risposta, a partire dai giovani, dai disoccupati, dalle persone in cerca di prima occupazione o che hanno perso il lavoro in settori dell&rsquo;artigianato e del commercio, esclusi dagli attuali ammortizzatori sociali, a cui sarebbe preclusa la possibilit&agrave; di accedere a tale misura. Una impostazione, questa, che qualora rimanesse cos&igrave; come adottata determinerebbe effetti di forte iniquit&agrave;. Infatti, prevedere soglie di accesso differenziate per la sperimentazione di un reddito minimo o di cittadinanza non corrisponde allo spirito ed alla impostazione culturale e di politica sociale inclusiva. La differenziazione nell&rsquo;accesso al sostegno al reddito fra cittadini a forte disagio sociale (gli ultimi) e cittadini che hanno perso il lavoro, non pu&ograve; essere fatta in base alla condizione reddituale e patrimoniale (Isee) ma con strumenti di politica attiva del lavoro e di inclusione sociale diversi e calibrati sul grado di istruzione, sulle competenze professionali e le condizioni di disagio o esclusione sociale&rdquo;.<br /><br />&ldquo;Per la platea dei lavoratori che hanno perso il lavoro &ndash; conclude Romaniello -&nbsp; si tratta di immaginare una implementazione degli &lsquo;attrezzi e delle competenze che questi devono avere nel proprio zainetto&rsquo; affinch&eacute; possano cogliere le opportunit&agrave; di lavoro ed essere appetibili per chi offre lavoro, rispetto a chi il lavoro lo cerca per la prima volta o ha rinunciato a cercarlo. Differenziazione quindi nelle azioni da mettere in atto sugli strumenti di politiche attive per il lavoro e di contrasto al disagio sociale piuttosto che sulla condizione reddituale e patrimoniale familiare. Qualora l&#39;intento della Giunta fosse quello di garantire il sostegno al reddito in primis a quelli che hanno perso il lavoro ed a cui &egrave; venuto a mancare il sostegno al reddito, quale la mobilit&agrave; ordinaria o in deroga, si ritiene pi&ugrave; opportuno prevedere uno specifico provvedimento di proroga dello strumento agli stessi, operando non solo sulla erogazione delle indennit&agrave; ma anche, se non prevalentemente, sul potenziamento degli &ldquo;attrezzi&rdquo; individuali, e su quelli di politiche attive del lavoro e della formazione, nonch&eacute; su forme di sgravi e incentivi duraturi al sistema delle Pmi e non solo, che assumono da questa platea. Tale opzione non annacquerebbe la impostazione culturale e sostanziale alla base della volont&agrave; di sperimentare, a livello regionale, lo strumento del reddito minimo/reddito di cittadinanza&rdquo;.<br /><br />lc<br />

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