“Il Rapporto presentato ieri dai dirigenti della Svimez in audizione alla Camera è una nuova doccia fredda: tra il 2008 e il 2010 in Basilicata si sono persi 10.600 posti di lavoro, di cui 5.100 nel settore vero e proprio dell’industria. Un dato appena mitigato dalle previsioni di chiusura 2011 con il Pil lucano che invertirebbe la tendenza degli anni passati, facendo segnare un mezzo punto percentuale in più. Anche se il Rapporto Svimez non aggiunge nulla di nuovo a quanto già è a nostra conoscenza, si impone la necessità di accelerare l’attuazione del Patto BasilicataObiettivo 2012 e di cogliere alcune indicazioni per superare la grave recessione che ha colpito l’economia meridionale e lucana”.
E’ quanto sostiene il segretario generale regionale della UIL Carmine Vaccaro.
“Non può essere sottaciuta la disattenzione della Svimez per la Basilicata nelle sette Aree vaste individuate con potenzialità di sviluppo come FTL (Filiere territoriali logisitiche): Abruzzo meridionale (Pescara, Ortona, Vasto, Termoli); basso Lazio e alto casertano (Gaeta, Napoli); Torrese-Stabiese (Torre Annunziata, Napoli, Salerno); Bari-TarantoBrindisi; piana di Sibari (Corigliano, Gioia Tauro); Sicilia orientale (Catania, Augusta); Sardegna settentrionale (Olbia, Porto Torres, Golfo Aranci, Oristano). I settori economici maggiormente coinvolti, sempre secondo la Svimez, potrebbero essere l’agroalimentare di eccellenza (pasta, vino, olio, conserviero, caseario, ecc.), utensileria, meccanica, aerospaziale e hi-tech. E’ evidente che anche la Basilicata, oltre al rilancio dei Distretti industriali ed agro-alimentare – dice Vaccaro – deve giocare la carta della Filiera territoriale logistica soprattutto in campo energetico, strettamente legata al Distretto Energetico Val d’Agri-Sauro”.
“Se passiamo inoltre dalla lettura del dato relativo al Prodotto interno lordo a quelli relativi al mercato del lavoro, ai consumi e alla sfera più sociale, la situazione delle regioni meridionali – aggiunge – emerge in tutta la sua gravità. Se guardiamo al mercato del lavoro, appare ancora più evidente come la crisi, nell’anno appena concluso, sia stata dura per tutti, ma per alcuni ancora di più. E’ il caso degli occupati in micro imprese e dei precari non tutelati da nostro incompleto, e dunque iniquo, sistema di welfare, dei giovani che devono ancora entrare sul mercato del lavoro nel biennio 2008-2009 si è abbattuta pesantemente sull’intera economia nazionale, e ha mostrato i suoi effetti più pesanti, in termini di impatto sociale sui redditi delle famiglie e sulla occupazione, nelle regioni del Mezzogiorno. La Svimez inoltre – è la lettura fatta da Vaccaro al Rapporto – segnala il vasto mondo grigio tra il lavoro nero, il lavoro precario e il non lavoro che determina l’inutilità di fare formali azioni di ricerca di lavoro e causa flussi dall’occupazione (spesso precaria o irrregolare ) alla non forza di lavoro, senza passare per lo status di disoccupato. Mentre il Paese continua a interrogarsi sulle varie opzioni di modifica degli strumenti di flessibilità occorre prendere atto che in realtà una larga parte dei giovani, soprattutto del Mezzogiorno ma non solo, rimangono fuori dal mercato del lavoro, anche per la debolezza del sistema “formale” di inserimento nel mercato del lavoro. Questa fase di crisi ha fatto emergere con ancora maggiore evidenza l’asimmetria tra soggetti colpiti e sistema di tutele. I più esposti sono risultati coloro che devono ancora entrare sul mercato del lavoro e i lavoratori con contratto precario e a termine (che sono i primi a subire i ridimensionamenti degli organici); categorie per le quali non esiste un sistema universale di tutela dei redditi e che dunque risultano molto più esposte al rischio povertà”.
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