Quarto: “Legalità, il primo dovere sociale di tutti”

Per il consigliere di FdI “Non bisogna limitarsi al ricordo solo nel giorno dedicato. La legalità deve essere il modo di essere ed agire, il pensiero globale e specifico di ogni cittadino”

“Non bisogna limitarsi al ricordo solo nel giorno dedicato. La legalità deve essere il modo di essere ed agire, il pensiero globale e specifico di ogni cittadino. Tutti, in virtù del proprio ruolo, devono preservare l’onestà intellettuale e la rigorosità morale, unici veri antidoti alle mafie non più solo delittuose ma delinquenziali nel loro operare fingendo di privilegiare la libera scelta. Le idee valgono per quello che costano e non per quello che rendono. Non sono parole di Falcone, ma ben si sposano con tutto quello che lui e Borsellino hanno fatto e, soprattutto, hanno lasciato nel segno di una speranza: quella di una società davvero scevra da commistioni brutali tra pezzi importanti di potere, quelli che una volta erano considerati i pilastri della democrazia. ‘Legalità’ è l’astratto di legale, significa autentificazione. ‘Autenticando le lor parole con la solenne legalità’: questo il senso”. 

Così il consigliere regionale di FdI, Piergiorgio Quarto che aggiunge: “L’esegesi di una parola sin troppo abusata e usata impropriamente anche da chi, purtroppo, non ne ha mai fatto il proprio indirizzo di vita. I grandi oppositori della criminalità non sono, non lo volevano essere, eroi. Il loro desiderio, la loro missione era quella di ridare credibilità ad uno Stato corrotto ed in special modo di fornire ai cittadini la possibilità di esprimersi, di dare sfogo al libero pensiero, di operare da uomini liberi, di avere l’opportunità di raggiungere i giusti traguardi, i meritati obiettivi di lavoratori, di madri, padri e figli. Trenta anni sono tanti ed una domanda corre impellente: sono serviti a qualcosa? Crediamo di sì, certo se l’unione della negazione di etica e moralità non avesse spezzato le vite di Falcone e Borsellino, ma anche di tanti altri che avevano lottato alacremente per la legalità, il risultato sarebbe stato ben altro”. 

“Oggi, con ogni probabilità – continua – saremmo più pronti ad affrontare una realtà meno ossequiosa del ricatto e più attenta alla generosità della cultura del bello inteso quale espressione della giustizia sociale. Giusto ricordare, doveroso far conoscere alle giovani generazioni anche il profilo fisico e caratteriale di coloro i quali hanno agito come veri combattenti di una guerra sacrosanta da loro voluta per far capire che la mafia esisteva eccome ed era talmente introdotta nei gangli del comando a tutti i livelli ed in tutti i settori da indirizzarne non solo le linee guida, ma da decidere come e quando rompere ogni tentativo di mutare il continuo divenire delle cose, frantumare il perpetuarsi del torbido e dell’illecito. I manichei sostenevano l’esistenza di due principi regolatori dell’universo, uno luminoso e l’altro tenebroso. Dal primo procedevano solo cose buone, mentre l’altro era il polo negativo, la causa della presenza del male nel mondo”. 

“E’ chiaro – dice – che dobbiamo rifuggire da una simile impostazione perché favorisce la negazione di ogni responsabilità etica. Il trionfo, la vittoria delle libertà individuali e collettive deve essere raggiunto attraverso la libera determinazione della volontà, il prevalere una volta e per tutte dell’equità e del riscontro onesto di quello che facciamo e, purtroppo, subiamo. Sicuramente è bene ripetere sempre sotto angolazioni diverse tutto quello che Falcone e Borsellino lasciano in eredità, il loro insegnamento è insito nella loro espressione, anche quella meno ufficiale e ufficiosa. Due campioni della democrazia che hanno segnato il cammino, hanno individuato gli strumenti e che hanno bisogno, perché tutti ne abbiamo bisogno, di avere degni successori. La legalità la si tutela mutando continuamente strategia giacchè la criminalità è mutevole, si ricicla, acquista nuove vesti, solo il fine resta lo stesso, quello di minare alle basi le fondamenta della democrazia”. 

“E la lotta – conclude Quarto – non deve essere demandata solo alle forze dell’ordine e a chi agisce per contrastare i tentativi di infiltrazione nei meccanismi dello Stato. Affinchè il bene comune non sia una utopia, ognuno di noi deve guardarsi dentro e chiedersi: sono partecipe attivo di un comportamento che mira alla ragione della imparzialità?”. 

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