Prinzi (Bene Comune) su visita Renzi e situazione Val d'Agri

"Il 'dopo Renzi' in Val d’Agri è identico al prima. Con in più tanta amarezza perché se non fosse per le domande del giornalista del Tg3 Basilicata il Premier non avrebbe detto una sola parola sulla questione petrolio. Come del resto ha fatto il Governatore Pittella. Insieme all’amarezza – dichiara in una nota Vittorio Prinzi, dell'associazione Bene Comune Viggiano –  c’è tanta delusione: le risorse finanziarie del Patto sono quelle sottratte al Memorandum sul petrolio firmato nel 2011 e quindi sono le stesse, se non minori come sostengono autorevoli esponenti politici ed istituzionali. Anzi, manca la quota Ires che le compagnie petrolifere avrebbero dovuto versare nelle casse della Regione e non più in quelle dello Stato. Ma il Governo Renzi ha pensato di tenersele per se. Per questo è inaccettabile la frase di Renzi: “sul petrolio la Basilicata ha ottenuto quello che doveva ottenere”.
I dati demografici allarmanti per la nostra Regione, lo stop della coltivazione degli idrocarburi in Val d’Agri e l’amaro Primo Maggio dei lavoratori del COVA e dell’indotto ENI dovrebbero indurci a riflettere seriamente sul fallimento delle politiche regionali finora seguite. E non mi riferisco in questo caso all’aspetto dell’ambiente e della salute, su cui tutti attendiamo che presto la Magistratura faccia luce e attribuisca le responsabilità di quanto accaduto, ma al problema dello sviluppo mancato.
Di fronte alla sconvolgente “novità” del petrolio in Val d’Agri, partendo dal presupposto che “il petrolio non è innocente”, le popolazioni e le istituzioni locali mostrarono, fin dall’inizio, molte perplessità e posero tutta una serie di interrogativi, alimentati dalla scarsa conoscenza del fenomeno estrattivo, dalla preoccupazione per gli effetti dell’attività petrolifera sui beni ambientali e sulle iniziative agricole e turistiche esistenti, dal timore che il petrolio, in definitiva, arrecasse molti danni e pochi benefici, poichè la coltivazione degli idrocarburi non sarebbe avvenuta in un’area deserto, bensì in un’area antropizzata e vocata naturalmente all’agricoltura e al turismo. Ci fu, insomma, un confronto aspro sulla questione: “petrolio sì, petrolio no”, che fu reso ancora più difficile dal sovrapporsi della discussione sull’istituzione del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano, nel quale sarebbe ricaduta buona parte dell’area interessata dalle attività estrattive, e quindi dal dilemma “Parco o petrolio?”. I Sindaci della Val d’Agri, ed io ero tra questi, fecero prevalere sulla diffidenza e sui timori nei confronti dell’implementazione dell’attività estrattiva l’accettazione di una sfida da affrontare con il gigante ENI, con la consapevolezza che ci saremmo giocato il futuro sulla nostra pelle, ma, altresì, con una grande fiducia nelle potenzialità dello sfruttamento di una ricchezza del sottosuolo, che avrebbe potuto aiutare il territorio a crescere. E tra i più ottimisti, paradossalmente, circolava lo slogan “il petrolio per l’ambiente”, sostenendo la compatibilità tra i due e pensando che dal petrolio si potessero trarre le risorse necessarie non solo per lanciare il Parco, ma per valorizzare tutti i beni naturali, sulla via di uno sviluppo eco-sostenibile. Nulla di quanto speravamo è avvenuto e non solo perché in tanti anni non siamo riusciti ad attrezzarci per regolamentare e controllare l’attività delle compagnie petrolifere sul nostro territorio (emblematica la vicenda dell’Osservatorio Ambientale, prima e dopo la sua istituzione nella sede di Marsico Nuovo), ma soprattutto perché non abbiamo guardato al di là del nostro naso, presi dall’euforia petrolifera, toccasana di tutti i nostri problemi, nonostante qualcuno da tempo andava ripetendo “si al petrolio” (nonostante tutto), ma “non solo petrolio”, perché la vicenda petrolio è da considerarsi soltanto una parentesi.
Oggi stiamo toccando con mano l’”effimero” che abbiamo creato con la totale dipendenza dal petrolio, che aggiunge all’inadeguatezza e responsabilità sui controlli ambientali la miopia e l’incapacità politica nel preparare il futuro. E se la responsabilità sui primi oggi ci obbliga alla chiusura del COVA, mettendo a rischio centinaia di posti di lavoro, la miopia politica ci presenta il conto della totale incertezza sul domani di questo territorio e delle sue comunità, che sperimentano cosa significhi oggi il petrolio, diventata una realtà di cui non si può fare a meno, ma cosa può significare il domani senza petrolio: il ritorno a un triste passato! Guai, dunque, se oggi, grazie al petrolio, non sappiano costruire un futuro senza petrolio!
Ecco perché nell’agenda dei lavoratori e dei sindacati, e mi auguro delle istituzioni locali e delle popolazioni interessate, accanto alla lotta per la salute, l’ambiente e il lavoro, occorre porre al centro il tema dello sviluppo e dell’utilizzo virtuoso delle royalties, a mio avviso possibile solo se erogate con vincolo di destinazione. E senza aspettare il MasterPlan del Sud o il Patto per la Basilicata, un’ennesima “foglia di fico” per nascondere le “malefatte” e creare nuove illusioni in questo momento di difficoltà per la classe politica di governo, come è già accaduto con il Memorandum del 2011.
Di questa pausa impostaci dalla Magistratura facciamo un’occasione virtuosa per ripensare e rimodulare l’intera vicenda della coltivazione degli idrocarburi in Val d’Agri, alla luce di ciò che è stato, e per liberarci progressivamente dalla petroldipendenza programmando per lo sviluppo il buon uso delle risorse di cui anche nell’ordinario possiamo disporre".

BAS 05

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