Piano salute, Mattia: “Un documento vuoto di idee”

Per il consigliere del Pdl “il Piano avrebbe potuto rappresentare una buona opportunità per la nostra sanità, ma rischia di rimanere uno strumento caratterizzato da alcune intuizioni e da scarsa applicazione”

“Il ‘monumentale’ Piano di oltre 250 pagine evidenzia un vuoto di idee, ovvero, una strategia che sottende a tale vuoto, e cioè quella di evitare il confronto con i cittadini e con le comunità e quindi evitare di assumere impegni che potrebbero condizionare il disegno politico di chi governa, ossia, mani libere per chiudere, aprire, modificare, potenziare, depotenziare a seconda delle convenienze”. A sostenerlo è il consigliere regionale Franco Mattia (Pdl) aggiungendo che “tra l’altro non c’è alcun cenno alla qualificazione degli uffici preposti alla verifica e controllo e alla realizzazione dello stesso piano, ad oggi ostaggi di un'esasperazione burocratica che impedisce il dialogo con gli utenti finalizzato alla soluzione anche di semplici problemi”.

“Intanto – aggiunge il consigliere del Pdl – è lo stesso assessore Martorano a definire il Piano una ‘cornice’: francamente è piuttosto deludente perché per riammodernare ed adeguare il precedente Piano sono trascorsi tra i 14 e i 15 anni, hanno lavorato troppi consulenti ed esperti, si sono svolti troppi convegni e conferenze e spesi troppi soldi. Dunque, il Piano cornice – continua Mattia – si riduce ad un elenco di enunciazioni, in gran parte scontate, senza indicarci cosa fare per rendere effettive prevenzione e cura. La delusione è pertanto grande solo in piccolissima parte mitigata dalla individuazione della direzione verso cui tende a spostarsi la concezione della Politica Sanitaria, ovvero, la trasformazione cui questa è subordinata in favore di un Sistema Integrato più ampio, che ingloba le Politiche Sociali, per l’erogazione di Servizi alla persona e alla comunità diffusi nel territorio, con l’intento di favorire prevenzione e cura, ma anche tutela delle fragilità sociali in un unico circuito dinamico”.

“Quanto al San Carlo, l’ospedale regionale – afferma ancora il consigliere – dovrebbe trovarsi nella condizione di essere indiscusso protagonista dell’eccellenza sanitaria della regione, invece accade, come è stato già denunciato dal personale medico e dai sindacati di categoria, che lo stesso ruolo dell’Azienda ospedaliera San Carlo, in termini di eccellenza sanitaria, viene svilito ed il programmatore si è preoccupato solo di aggiungere piccoli servizi inconsistenti da un punto di vista strategico, pur di recuperare una centralità ormai perduta. Il rinvio ad ogni ipotesi di riorganizzazione ad una fase successiva al Piano conferma in pieno la mancanza di idee. Per la riabilitazione, che è un settore che richiede sempre più attenzione per la crescente domanda di prestazioni e l’aumento degli anziani, gli esperti di settore, associazioni di strutture e fisioterapisti concordano nel ritenere che il limite più grave nel Piano è la confusione nell’integrazione socio-sanitaria, senza identificare la precisa delimitazione tra ciò che è sanitario e ciò che è sociale. E sono sempre le strutture di fisioterapia a sollecitare l’assessore Martorano a mostrare lo stesso impegno e la stessa attenzione che dedica alla questione Don Uva, che ha ovviamente un suo peso sia per le prestazioni che per l’utenza e l’occupazione, anche a tutto il comparto FKT, sistema di erogazione denunciato da tempo, superato e non più adeguato alle nuove logiche riabilitative”.

“In conclusione – dice Mattia -, il Piano avrebbe potuto rappresentare una buona opportunità per la nostra sanità, ma rischia di rimanere uno strumento caratterizzato da alcune intuizioni e da scarsa applicazione. Avremmo voluto, innanzitutto, un Piano di meno pagine ma con indicazioni concrete e chiare e soprattutto uno strumento che rappresentasse un punto fermo nella valorizzazione di professionalità e meriti professionali rispetto a quelli squisitamente politici secondo l’antico e non ancora superato ‘vizio’ della politica di decidere tutto nelle postazioni della sanità. Tutto ciò mentre tra i 60mila e i 75mila lucani dichiarano, per ragioni economiche, di non aver potuto accedere ad alcune prestazioni sanitarie di cui avevano bisogno”.

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