Il consigliere del gruppo misto sulla mozione di sfiducia: “Ancora una volta la politica ha fallito e la magistratura ha fatto emergere l’inadeguatezza delle strutture pubbliche, la violazione delle leggi e la collusione di funzionari pubblici”
“Ho votato la mozione perché vi sono oggettive responsabilità politiche in questa vicenda, pur non avendola firmata in quanto ritengo che il Governo regionale vada sfidato sui contenuti e con proposte di merito su energia, modello di sviluppo e trasparenza nelle relazioni e nella gestione della cosa pubblica. Le mozioni hanno la durata di un dibattito. Le forze che sono per il superamento della dipendenza dal petrolio devono raccogliere le indicazioni venute dai lucani con il referendum, avanzando proposte e dando voce e forza alle tante associazioni e movimenti che in Basilicata si battono contro lo strapotere delle compagnie petrolifere e per una pubblica amministrazione trasparente ed in grado di avere competenze e strumenti capaci di reggere il confronto con questi colossi”.<br /><br />Così il consigliere regionale Giannino Romaniello ha motivato il proprio voto ieri in Aula sulla mozione di sfiducia presentata dai consiglieri di Fi, M5s ed Fdi. A suo parere “il dibattito sviluppatosi ieri in Consiglio regionale, al di là del voto finale ha evidenziato, sia fra i presentatori della mozione che nella maggioranza, punti di vista differenti molto significativi nel merito delle strategie energetiche regionali e nazionali. L’inchiesta, stando alle ordinanze ha evidenziato la fragilità del sistema regionale, come pure il permanere di un modello di relazioni tra imprese e sistema politico in cui lo scambio di favori rimane l’architrave. Un modello che ha impedito a quella parte di impresa sana di crescere e innalzare la sua capacità competitiva”.<br /><br />“Il ritardo nell’attuazione dell’accordo del ‘98 sull’osservatorio ambientale – ha aggiunto l’esponente del Gruppo misto – e il memorandum sul petrolio votato da maggioranza e opposizione, con il solo voto contrario del sottoscritto, ha rappresentato il punto più basso raggiunto dalla politica di asservimento alla volontà delle compagnie petrolifere. Il petrolio in Basilicata non è assolutamente stato una opportunità come hanno sostenuto e sostengono tutt’ora sia il Pd che le forze centriste e di destra. Il tema non è soltanto la inadeguatezza e forse anche la volontà politica di non adeguatamente strutturare l’Arpab, quanto piuttosto quello di avviare la necessaria fuoriuscita dalla dipendenza dal petrolio, giusto l’opposto dell’autorizzazione alla costruzione della quinta linea al Cova di Viggiano, come pure dell’accordo con la Total”.<br /><br />“Purtroppo bisogna ammettere che ancora una volta la politica ha fallito – ha detto ancora Romaniello – e la magistratura, giustamente ha provveduto e fatto emergere, stando alle ordinanze emesse, l’inadeguatezza delle strutture pubbliche, la violazione delle leggi da parte di Eni ed in alcuni casi la collusione di funzionari pubblici. Il tema riguarda la politica, le responsabilità sugli effetti negativi che l’inchiesta ha determinato sull’immagine della Regione sono di tutti coloro che non hanno dato attuazione a quanto previsto dall’accordo del 1998 sul monitoraggio ambientale, pur riconoscendo che la questione non riguarda esclusivamente il controllo, quanto invece attiene alle scelte di politiche di sviluppo ed energetiche sbagliate sia del Governo nazionale che regionale. 105 mila, o 154 mila barili al giorno da estrarre in Basilicata sono il nulla per la bilancia energetica nazionale. Con la riduzione dei consumi e l’aumento di produzione da fonti rinnovabili si può evitare alla nostra Lucania il danno che il petrolio sta creando”.<br /><br />“Si potenzi l’Arpab e tutti gli altri enti – ha concluso Romaniello -, ma non si scarichi sui lavoratori di quest’ente responsabilità che sono del Dipartimento Ambiente della Regione ed in particolare di chi ha nominato i dirigenti. Le attrezzature e la riqualificazione/aggiornamento professionale del personale attengono alla responsabilità del direttore generale e della Giunta regionale che nomina e coordina il comitato di indirizzo dell’ente, quest’ultimo riunito pochissime volte negli ultimi dieci anni. Il dato vero è che si pensato che il Cova di Viggiano era uno dei tanti insediamenti industriali piuttosto che un impianto con emissioni e rischio ambientale molto elevato e per il quale bisognava mettere in campo azioni e politiche straordinarie in tema di monitoraggio ambientale e sanitario”.