Vito Petrocelli, portavoce M5S al Senato della Repubblica, in una nota stampa interviene sulla questione petrolio in Basilicata. “E basta con questo potere salvifico assegnato al petrolio lucano. Onestamente, non se ne può più di questa bugia colossale che, dopo 30 anni di priorità economica data alle estrazioni minerarie e alla grande industria, vede la Basilicata primeggiare nella disoccupazione, nell’emigrazione e, secondo l’Istat, nel primato di regione più povera d’Italia”. Petrocelli cita il direttore di “Nomisma Energia”, Davide Tabarelli, il quale ha affermato “che il petrolio non inquina e ha accusato gli ambientalisti di bloccare investimenti per 5 miliardi di euro e di far perdere migliaia di posti di lavoro. Dimenticandosi che la filiera del petrolio è ufficialmente riconosciuta come cancerogena e che il più grande “Centro Oli” d’Europa, realizzato a Viggiano, in Basilicata, costato 16 anni fa l’equivalente di circa 1 miliardo di euro ha finora dato occupazione ad appena 57 lucani”. Oltre a Tabarelli, Petrocelli cita il presidente dell’Eni, Giuseppe Recchi secondo cui il “petrolio lucano salverà l’Italia”. “A dispetto del luogo comune che lo definisce artatamente il ‘più grande giacimento d’Europa in terraferma’ – continua Petrocelli – la miniera di idrocarburi lucani, in sostanza, è poco più di una ‘pozzanghera’ di petrolio di pessima qualità. Produce all’anno solo 30 milioni di barili e circa un miliardo di mc. di gas coi quali copre il 6% del fabbisogno nazionale e annuale di petrolio e circa l’1,5% di quello del gas. Per cui, non si capisce quale ritorno avrebbe la nazione, o meglio l’Eni, nel rendere un colabrodo una regione che, invece, è uno dei più importanti bacini idrici europei, le cui acque, che danno da bere e da ‘mangiare’, tra la Puglia e la Basilicata, a milioni di persone, di capi di bestiame e di ettari di terreno, sono messe a rischio da perforazioni che le società minerarie attuano in barba a ogni regola sociale”.
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