Sulla vicenda San Carlo è intervenuto l’assessore regionale alla Salute, Attilio Martorano, con una lettera aperta inviata ai direttori dei quotidiani locali. Ecco, di seguito, il testo.
“Caro Direttore,
Le vicende che attraversano la sanità non sono mai, e a ben ragione, di semplice lettura.
L'assistenza sanitaria è il primo dovere di una società che intende occuparsi dei suoi cittadini.
In forza di queste indiscutibili premesse siamo tutti chiamati ad esercitare quel controllo sociale, che forse più di tanti provvedimenti e azioni di governo, contribuisce a disvelare le mal celate inefficienze, e talvolta, raramente, la capacità e il merito. Le attese dell'utente sono sempre molto elevate, talvolta anche superiori alla migliori capacità (non solo professionali, ma anche tecniche ed organizzative) che un sistema può essere in grado di esprimere e i limiti ancora troppi.
Per questa doppia ragione continuiamo a dare per scontato il buon esito, che ovviamente non può e non deve fare notizia, e ci allarmiamo quando ciò non accade.
Se accadesse sempre e solo questo, io mi sentirei, come cittadino e come programmatore del sistema sanitario, ampiamente tutelato, ed anche più facilmente orientato nel processo di miglioramento che un sistema sanitario non deve mai interrompere. Purtroppo non sempre è così.
La cardiochirurgia del San Carlo, ad esempio, è uno di quei "contesti" che forse più di ogni altro esprime la complessità dell'analisi, ed ancor più della sintesi. Innanzitutto per il suo valore simbolico (consentì nel passato alla sanità lucana di emergere e di farsi conoscere ben oltre i confini regionali) e poi per quello assistenziale, essa è divenuta uno dei totem della nostra sanità e non solo, correndo così il rischio gravissimo di far passare in secondo piano quella che è la sua funzione, il suo livello qualitativo ed anche il suo futuro!
Noto che molti si appassionano più alla difesa di parte, che ad una difesa del reparto, favorendo così, spero inconsapevolmente, un ulteriore indebolimento della nostra cardiochirurgia, che purtroppo è davvero malata. È gravemente malata.
La gravità della sua malattia sta nella storica conflittualità interna, che porta ogni giorno, e da troppi anni, quei professionisti, tutti ben più capaci di quanto li si "dipinge", a dedicare una parte del loro tempo a difendersi da attacchi, più o meno palesi, piuttosto che a valorizzare se stessi e l'intero reparto.
Tutto questo, peraltro, in una nuova era della cardiologia che vede crescere le metodiche meno invasive lasciando all'attività chirurgica una nicchia che o è di vera eccellenza, e non da blasone impolverato, o non è.
La mia modesta esperienza professionale mi ha insegnato che se un sistema non funziona c'è sempre la responsabilità del vertice. Ma anche che se le organizzazioni resistono al cambiamento anche dopo diversi avvicendamenti al vertice c'è qualcosa di più. Noi siamo esattamente a questo punto. È giunto il momento delle decisioni. Il reparto ha bisogno innanzitutto di serenità. Solo chi è palesemente terzo sia rispetto alle vicende presenti che rispetto alle scelte del futuro potrà riportare tutti al proprio lavoro, valutando esattamente quelle capacità professionali, organizzative e tecniche e offrendo alla direzione aziendale ogni utile indicazione.
Anche la neuroradiologia, di cui si discute un questi giorni, aveva già da tempo mostrato molti limiti.
Si tratta, anche qui, di un servizio di elevatissima rilevanza che non può rimanere in una zona d'ombra.
L'ultimo episodio ha interessato Vito Summa, che prima di aver avuto la sventura di cui tutti parlano, ha avuto la sventura di essere il Sindaco della sua città e di avere molti amici.
Anche qui quanto è facile costruire su una vicenda tutta personale e familiare molti paradigmi.
Anch'io ho il mio. Se non uno ma diversi pazienti non vengono risolti nel giusto modo in una struttura sanitaria bisogna intervenire. Saprà valutare per il meglio la direzione aziendale, cui tocca questa precisa responsabilità, i necessari interventi, sapendo valorizzare le professionalità aziendali, ma senza rinunciare alla necessaria apertura verso esperienze e collaborazioni con altri contesti, che sono, da sempre il credo di tutti i sistemi che eccellono, e non solo in Sanità.
Poi, chi vorrà potrà, anche qui, ridurre la questione a svendita della nostra sanità.
Sarà anche questo un modo per apprezzare la nostra cifra culturale.
Detto tutto ciò, il cittadino resta libero di scegliere dove curarsi, e nel farlo esprime il giudizio più vero sulla nostra sanità.
I numeri ci dicono, inequivocabilmente, che il saldo di mobilità sanitaria si è ridotto, nell'ultimo anno, di 6 milioni di euro.
Sarà anche questo un "fatto" di cui tener conto?”
bas 02