Mostra fotografica di Miko Somma

Si intitola "La Potenza della prospettiva – Visioni irrituali della città" e sarà inaugurata il 27 settembre nella libreria Ubik in via Pretoria, 50. Un'occasione per mostrare il capoluogo nelle diverse percezioni e aprire il dibattito sulle future scelte urbanistiche.

La mostra Fotografica “La Potenza della prospettiva – Visioni irrituali della città” di Michele “Miko” Somma, che si terrà presso la libreria Ubik in strada Pretoria, 50, a Potenza, a partire dal 27 cm, comincia proprio dal calembour usato come titolo a definire il suo ambito, meglio chiarito poi dal sottotitolo, osservare Potenza in modo diverso dal consueto per percepirne un’altra visione.

Molto spesso Potenza viene frettolosamente indicata come “brutta”, come se un capoluogo avesse una valenza estetica distinta dalle sue funzioni e dall’urbanistica che modella i luoghi e ne stabilisce la visione ai fruitori di quelle funzioni ed ai terzi, dimenticando che per la sua storia la città è un trattato di architettura a cielo aperto, con sedimentazioni delle correnti più in voga, e non solo di esse, nei diversi periodi storici, periodi che per ciò che attiene alla sua modernità essenzialmente indichiamo come umbertino, primo novecento, periodo fascista, il piano casa, gli anni 60, 70, 80 ed a seguire, compresi episodi di brutalismo emblematici.

Sedimentazioni in cui effetti estetici ed urbanistici sono spesso resi poco visibili o da fruizioni delle sue funzioni che vincolano lo sguardo ai percorsi ed ai tempi o dall’assuefazione alla visione consueta che impedisce all’abitante di distinguere la città, la sua urbanistica e le sue architetture oltre il quotidiano.

Così, proprio andando oltre la percezione quotidiana si individua quel trattato di architettura contemporanea che viene reso più esplicito dall’ottica fotografica, dalla scelta di prospettive meno consuete, quindi irrituali, da cui osservare la città ed i suoi manufatti edilizi, da una certa predisposizione dell’autore a voler “vedere oltre il vedere comune” per individuare quei segni architettonici che divengono linguaggio e che restituiscono una percezione della città completamente ribaltata.

Una città che d’improvviso appare stuzzicante lo sguardo, a tratti divenendo audace, certo non consueta, mai banale, un capoluogo di regione che deve prendere coscienza d’esserlo da oltre due secoli, a partire proprio dalla sedimentazione delle architetture che scandiscono la sua storia e dove grandi architetti ed urbanisti hanno lasciato i loro segni, con nomi che vanno da Sergio Musmeci a Mario Ridolfi, da Ernesto Lapadula a Mario De Renzi, Marcello Piacentini, Giuseppe Quaroni, Macello D’Olivo, Luigi Piccinato e poi ancora Aulenti, Miralles, Puppo, Lapenna e via discorrendo.

Segni che ovviamente “ha lasciato il segno” nella percezione della città, sollevando criticità, a volte malumori, quando non opposizioni, dando a tratti l’impressione di imposizioni, spesso malintesi e deformazioni dei progetti originali.

La mostra fotografica vuole essere così l’occasione non solo per mostrare una città che ci appare diversa pur rimanendo la stessa, cambiando prospettiva fisica e percettiva, forse un atto di dolce prevaricazione – t’obbligo a vedere diversamente da come hai visto finora – ma occasione per far ripartire un dibattito sulla città che coinvolga coloro che la disegnano e che portano la responsabilità della sua immagine, coloro che la governano e portano la responsabilità delle scelte che la rendono un luogo con la sua identità o un non luogo dal presente eterno.

L’autore ne dibatterà sabato 27 a partire dalle 18 con architetti, urbanisti, politici e cittadini.

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