“La chiusura del biennio di geologia presso l’Università degli studi di Basilicata ci consegna la fotografia di un paese in cui il dissesto idrogeologico è figlio del dissesto ideologico. La verità è che da troppo tempo – dichiara in una nota Maurizio Bolognetti segretario di Radicali lucani- anziché prevenire operiamo per assecondare e amplificare i disastri. Ripercorrendo gli ultimi sessant’anni di storia patria attraverso la cronaca di esondazioni, frane, crolli, lutti e tragedie annunciate, troviamo le tracce di un costante divorzio tra scienza e politica, tra coscienza e politica. Il rettore dell' Unibas – continua Bolognetti – ha detto che la facoltà di geologia “non è attrattiva”; verrebbe da chiedersi perché dovrebbe esserlo, vista la considerazione che manifestiamo nei confronti delle scienze della terra. Marco Pannella ha più volte ripetuto che nel paese in cui si è consentito di cementificare le pendici di un vulcano attivo, occorrerebbe “il geologo di quartiere”. E Dio solo sa quanto servirebbe il geologo di quartiere o di vallata in una terra come la Basilicata, che vanta 56 comuni a rischio frana, 2 comuni a rischio alluvione e 65 comuni a rischio frana e alluvione, per un totale di 123 comuni a rischio. Ma un geologo potrebbe avere l’ardire di ricordare a chi vorrebbe la definitiva petrolizzazione della Lucania fenix che “la Val d’Agri è una delle aree italiane a maggiore potenziale sismogenetico” e che “la presenza di infrastrutture legate all’attività di estrazione e raffinazione di idrocarburi contribuisce ad accrescere il rischio sismico” di un’area che è già stata colpita da un terremoto distruttivo nel 1857. E’ davvero incredibile che nella terra di frane e terremoti chiuda una facoltà istituita con la legge 219/81, che aveva per oggetto “ulteriori interventi in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici”. “ Chiude la facoltà di geologia in un’università che- conclude Bolognetti- avrebbe dovuto e potuto essere un centro d’eccellenza nello studio delle scienze della terra. In questo paese preferiamo gestire “emergenze” e piangere lacrime di coccodrillo. Intanto, i morti di Senise e Longarone, di Giampileri e Soverato continuano a parlarci, ma noi continuiamo a non ascoltare.”
BAS 09