MASTERPLAN, VACCARO (UIL): serve un Tavolo permanente

"Il tema dello sviluppo e la crescita del Paese, anche come reale antidoto per tenere sotto controllo i conti pubblici, passa necessariamente dalla crescita del Sud d’Italia: è quanto ha sostenuto il segretario regionale della Uil Carmine Vaccaro intervenendo oggi a Roma in Senarto al convegno su “Impresa e lavoro nei Patti regionali dei Masterplan” promosso da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria.
Intanto i dati di partenza: il Masterplan Basilicata prevede risorse per 3,8 miliardi di euro, di cui 1,6 miliardi per infrastrutture, 994 per l’ambiente, 763 per lo sviluppo economico e produttivo, 278 per le politiche sociali, 254 per turismo e cultura.
Per Vaccaro, – si legge in una nota della Uil –  mai come nell’ultimo decennio il livello degli investimenti pubblici in Italia e nel Mezzogiorno si è portato ai minimi storici. I più arditi analisti lo stimano perfino inferiore al normale processo di deterioramento del capitale pubblico. Che fare dunque per riportare in salute il Sud? La medicina più adatta mi pare possano essere gli investimenti pubblici ed il loro grande moltiplicatore che riescono ad attivare, producendo come è noto anche un effetto positivo per le finanze dello Stato: le maggiori tasse che si incassano grazie allo sviluppo dell’economia sono maggiori rispetto al loro costo. Del resto è stata la stessa Svimez a mostrarci che la spesa dei fondi strutturali (9 miliardi di euro) ha prodotto una crescita significativa del Pil e dell’occupazione al Mezzogiorno ben oltre la media nazionale. E’ la prima volta che accade dall’inizio della crisi e si segnala come una grande opportunità di riscatto per la rinascita del Sud. Naturalmente opportunità da non sprecare, ma da cogliere con immediatezza. E quanto all’indicazione che la Svimez dà da Potenza sul ruolo di “regione cerniera” attribuito alla Basilicata oltre che sull’opportunità Matera2019 – ha continuato – si deve passare dalle enunciazioni ai programmi e progetti. Per questo rafforzare la nuova stagione di investimenti e di agevolazioni fiscali dei patti regionali dei masterplan ci è sembrato la cosa più ragionevole ed urgente da fare. Se si fatica a nascondere la cortina di pericoli e rischi dell’inconcludenza, dell’inoperosità e della lentezza burocratica di molte Regioni, ancora meno lo si può fare per non rispondere a quella chiamata di responsabilità e di impegno comune. Perché il destino del Sud non è scritto da nessun parte e noi possiamo e dobbiamo fare la nostra parte per dare forza, sviluppare competitività, generare innovazione, pretendere cambiamento, sperimentare buone pratiche.
La sfida, però – ha detto ancora il segretario UIL – non può definirsi nell’esclusivo raccordo bilaterale tra governo centrale e Regioni. Perché se c’è un rischio è sempre quello della cosiddetta sindrome dell’isola di Pasqua, dove le tribù regionali in lotta tra loro finiscono per bruciare tutte le ricchezze del luogo comune: il Mezzogiorno. La sfida serve anche a non perdere l’unitarietà strategica degli obiettivi tematici che servono a tutto il Mezzogiorno e su cui il Mezzogiorno stesso può affacciarsi all’Europa delle opportunità. Perché sia chiaro a tutti, pur con le sue specificità e vocazioni dei suoi territori, il Mezzogiorno è una trama potente ed unitaria di paradigmi, di possibilità, persino di problemi. E declinare paradigmi, possibilità, problemi su scala regionale significa quanto meno indebolire il corso nazionale del Sud e farlo divenire una provincia indistinta.
Del resto basta scorgere le tabelle allegate al documento di valutazione di Confindustria Cgil Cisl e Uil sui Patti attuativi del Masterplan per imbattersi nella contraddizione. L’analisi compartiva dei vari Patti regionali ci mostra innanzitutto una scarsa adeguatezza del quadro con le esigenze emergenti e complessive del Mezzogiorno. Altro che omogeneità sugli asset strategici dello sviluppo economico e del lavoro. Nelle allocazioni attuative dei Patti si evidenzia un forte squilibrio degli interventi a svantaggio proprio degli investimenti legati all’accesso al credito delle imprese, al rafforzamento ed all’innovazione del sistema produttivo, all’occupazione, compresa la formazione e la qualificazione del capitale umano. L’idea centrale è quella di una struttura ad hoc, un Tavolo permanente tra Autorità politica, Confindustria e Cgil, Cisl, Uil che nel suo doppio livello negoziale, nazionale e regionale, sappia accompagnare, monitorare, anche aggiornare il quadro programmatico e progettuale nell’unica sfida comune che ci deve essere: la crescita del Mezzogiorno.
Ha ragione da vendere, il ministro della Coesione Territoriale e del Mezzogiorno, Claudio De Vincenti a dire che “nel momento in cui si è cominciato a utilizzare sul serio i fondi strutturali, il Mezzogiorno è cresciuto più del resto del Paese. Ancora non lo ha fatto abbastanza, ma è cresciuto, il che significa che quando i fondi strutturali si usano, e si usano bene, l'effetto sul Mezzogiorno c'è e si vede”.
E’ l’altra grande questione che rimane tutta in piedi: il potenziamento della capacità amministrativa delle Regioni ancora oggi, pur se migliorata rispetto al passato, sconta limiti non superficiali sull’attuazione, sulla qualità progettuale, sulla più generale cultura del risultato.
Bene allora ha fatto il governo – ha affermato Vaccaro – a mettere in campo il Piano di azione e coesione (PAC) per non perdere nemmeno un euro di risorse assegnate, male invece hanno fatto le Regioni che al posto di fare autocritica produttiva per migliorare la performance, discutibile e piena di ritardi, delle loro autorità di gestione, hanno scelto la strada solitaria e stucchevole dell’autocelebrazione per le percentuali di spesa, comodamente raggiunte ma con obiettivi target fortemente ribassati per via della stessa adesione al PAC. Di questa qualità così modesta e pigra e della solitudine decisionale di molte Regioni non sappiamo più cosa farcene”.

Bas 05

 

    Condividi l'articolo su: