"Ora che la Dia ci ha detto che in Basilicata non c'è proprio da starsene tranquilli, che questa regione (d'altronde come da sempre) è osservata speciale dalle mafie confinanti, che l'attuale reclusione degli elementi apicali dei clan lucani non ci autorizza ad accomodarci sugli allori, insomma, ora, che per l'ennesima volta ci è stato ricordato che in Italia non ci sono zone franche rispetto all'aggressione mafiosa, ognuno faccia la sua parte". Così don Marcello Cozzi, vicepresidente nazionale di Libera.
"Noi, "benevita organizzata", continueremo ad essere vigili: dal melfese al metapontino, dal lagonegrese al materano, continueremo a non fare sconti ai Martorano, ai Basilischi, ai Riviezzi, agli Scarcia, ai Mitidieri-Lopatriello, ai Zito-D'Elia, ai Cassotta, ai Martucci (gruppi che a dire il vero non ci sembrano così tanto disarticolati). E siamo certi – aggiunge don Cozzi – che anche magistratura e forze dell'ordine continueranno ad essere per questi signori come fiato sul collo. Come sempre hanno fatto, e senza dimenticare che lo dobbiamo solamente a loro se questa regione non ha conosciuto i volti più tragici e devastanti della violenza mafiosa.
Ma non è sufficiente. Occorre che anche le Istituzioni facciano la loro parte, e con esse la Politica.
Occorre cioè che qualche alto ufficio romano chieda ad autorevoli esponenti della Procura di Matera sulla base di cosa licenziano come semplici "chiacchiere da comari" ciò che da anni non convince su ciò che ruota intorno al centro nucleare della Trisaia di Rotondella, dimenticando sentenze giudiziarie che nel passato pure ci sono state; o che, più semplicemente si chieda a certi uffici della stessa Procura – come fa da anni la Direzione Nazionale Antimafia – perché non collabora con la DDA di Potenza; o se davvero ci sono in quegli stessi uffici, come affermato in una recente interrogazione parlamentare, dei "fascicoli dormienti".
Occorre che quanti hanno responsabilità politiche e ci rappresentano nei Palazzi romani, facciano di tutto per evitare che si proceda allo smantellamento della Corte di Appello di Potenza, per scongiurare lo scempio che inevitabilmente, e a cascata, ne conseguirà sul controllo e sulla reale e immediata conoscenza delle dinamiche criminali di questa regione.
Non vorremmo, insomma, che mentre da un lato si grida al lupo guardando le mani sporche della criminalità, dall'altro lato – afferma – si depotenzia qualunque possibile strategia per arginarla o, peggio ancora, nulla si fa per far luce su quelle zone grigie, che anche in Basilicata come nel resto d'Italia, anche solo per meri calcoli politici o interessi di poltrone, e non necessariamente per connivenze dirette, hanno rappresentato terreno fertile per la criminalità, la corruzione e qualunque tipo di malaffare".
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