“Nell’attuale delicatissima fase di confronto istituzionale sulla riforma PAC l’ultima cosa di cui l’agricoltura del nostro Paese e tutte le Regioni hanno bisogno è la Macroregione Agricola del Nord a cui stanno lavorando alcuni assessori leghisti del Veneto e della Lombardia”.
Lo dichiara l'assessore all’Agricoltura della Regione Basilicata Nicola Benedetto.
“Nessuno – prosegue – vuole disconoscere le specificità di produzioni agricole e zootecniche di ogni singola regione, ma ipotizzare iniziative autonome da parte di Assessori all’Agricoltura di alcune Regioni del Nord sino ad annunciare l’intenzione di presentare a Bruxelles un piano di azione separato dal resto delle Regioni è un fatto negativo che non ci aiuta nel negoziato sulla nuova Pac non certo concluso.
La commissione politiche agricole coordinata dall'assessore della Puglia Fabrizio Nardoni – ricorda Benedetto – sta operando in stretta concertazione nell’ottica di rappresentare al meglio le ragioni del mondo agricolo italiano e proprio per questo anche in vista della nuova PAC 2014-2020 il sistema delle Regioni e il Ministero saranno impegnati a lavorare insieme per la definizione delle strategie nazionali di predisposizione e attuazione dei nuovi PSR. Si tratta dunque di concentrare ogni sforzo sui punti ancora controversi, tra cui la riduzione dei fondi che l'Europa mettera' a disposizione per lo sviluppo del mondo rurale per i prossimi sette anni: con meno 10 miliardi nel bilancio 2014-2020 si assiste ad un calo dell'11% rispetto ai finanziamenti accordati nel 2007-2013. Fa bene la prima vicepresidente del Cdr, Mercedes Bresso – continua l’assessore lucano – a ricordare che le regioni rurali rappresentano il 91% del territorio dell'Ue e il 60% della sua popolazione, contribuiscono al 43% del valore aggiunto lordo dell'Ue e al 56% dell'occupazione'. È soprattutto qui, nelle 'terre dell’osso', che risiede il capitale rurale italiano: un mix di prodotti, storia, identità, ambiente e salute. L’olivo e la vite ne sono le sentinelle, i cereali, gli ortaggi e i pascoli coprono buona parte del paesaggio, e poi i boschi, le acque, le architetture della campagna. Per continuare a vivere, le zone rurali hanno bisogno però di servizi (soprattutto sociali), cultura, attenzione e prossimità delle istituzioni. Invece si rischia di andare in direzione opposta. Il campanello d’allarme suona in diverse realtà del Paese, proprio in quei territori rurali ricchi di tradizioni e di risorse agro-ambientali, artigianali e turistiche, deposito di storia e di virtù civiche non ancora spente del tutto, piccoli mondi aperti al mondo. Senza contare che la riduzione dei futuri fondi Ue allo sviluppo rurale contrasta con le scelte strategiche dell'Ue che mirano a rafforzare il contributo dell'agricoltura e dei territori rurali alla crescita europea. Siamo perciò preoccupati – conclude Benedetto – per il futuro dei Programmi Leader di sviluppo rurale, che dal 1991 hanno consentito in tutte le Regioni (comprese quelle del Nord) di creare 150mila nuovi posti di lavoro, e che per i prossimi anni potrebbe contare solo sul 5% dell'insieme dei fondi strutturali per l'agricoltura”.
bas 07