La tratta ferroviaria Taranto-Potenza-Salerno è tra le 10 peggiori d’Italia. E’ quanto emerge nel rapporto Legambiente Pendolaria, che verrà presentato a gennaio e che quest’anno ha come focus l’emergenza Sud.
Sulla tratta Taranto–Potenza–Salerno, di oltre 200 km e di fondamentale importanza per i collegamenti interni tra Puglia, Basilicata e Campania, ma anche per i pendolari dei diversi centri lungo la linea, la situazione è ferma a 50 anni fa. I convogli non raggiungono i 50 km/h di velocità media e impiegano 1 ora e 47 minuti per collegare i 120 Km tra Potenza a Salerno, e 2 ore tra Potenza e Taranto (150 km). La beffa è che i ritardi sono all'ordine del giorno (quando i treni non subiscono soppressioni improvvise), nonostante la linea sia sostanzialmente vuota, visto che ci sono solamente 6 treni per direzione di marcia al giorno.
I dati sono estremamente negativi, con un’età media dei treni di quasi 24 anni. Tra Salerno e Potenza circolano infatti convogli con carrozze vetuste, con porte guaste e senza aria condizionata. E ancora spesso si verificano problemi ai finestrini ed ai servizi igienici. Situazione simile si verifica sulla Potenza-Foggia, con treni diesel vecchi e che causano ritardi e soppressioni, come avvenuto nel corso dell’ultimo anno. Il taglio ai servizi è del 19%.
L’ennesima condizione di disservizio si verifica quotidianamente sulla linea jonica Reggio Calabria – Taranto che, a causa del taglio di 20 milioni di euro della Regione Calabria, a partire dalla metà del 2014 ha visto la soppressione di ben 26 treni regionali solo sulla linea Jonica tra Reggio Calabria e Metaponto e tra Catanzaro Lido e Lamezia, con un conseguente enorme disagio per la costa jonica lucana.
“Un intero territorio – dichiarano Franco Falcone, Alessandro Ferri e Francesco Tarantini, presidenti rispettivamente di Legambiente Calabria, Legambiente Basilicata e Legambiente Puglia – completamente dimenticato dal trasporto ferroviario che rende impossibili i collegamenti intra ed extra regionali, compreso l’accesso alla rete dell’Alta velocità, costringendo i cittadini ad un uso diffuso dell’auto privata con aggravio di costi, di traffico veicolare e inquinamento. È necessaria pertanto una regia nazionale che in accordo con le Regioni cerchi di pensare, senza inutili localismi, ad un sistema di trasporto ferroviario legato alle reali esigenze del territorio e dei cittadini, fermando i tagli e aumentando il servizio, soprattutto sulle linee più frequentate, provvedendo allo sostituzione della flotta dei treni regionali in circolazione. Alla luce degli ultimi investimenti annunciati oggi da Trenitalia e Regione Basilicata con l’arrivo di quattro nuovi convogli SWING – conclude Alessandro Ferri – ci auguriamo che il prossimo rapporto Pendolaria ci restituisca un quadro migliore e un trend positivo per la Basilicata “.
Pendolaria descrive una situazione in cui ci troviamo di fronte ad un servizio di serie A, per i treni ad alta velocità, di serie B nelle Regioni che hanno individuato risorse per evitare i tagli, e di serie C nelle altre Regioni.
Eppure, sono circa 3 milioni le persone che ogni giorno utilizzano i treni per raggiungere i luoghi di lavoro o studio. Le ragioni della situazione che vivono i pendolari sono chiare.
I treni sono troppo vecchi. In Italia attualmente sono circa 3.300 i treni in servizio nelle regioni con convogli di età media pari a 18,6 anni, con differenze però rilevanti da regione a regione.
I treni sono pochi. Dal 2010 a oggi, complessivamente, si possono stimare tagli pari al 6,5% nel servizio ferroviario regionale proprio quando nel momento di crisi è aumentata la domanda di mobilità alternativa più economica rispetto all’auto, anche se con differenze tra le diverse regioni. Tra il 2010 e il 2015 il taglio al servizio ferroviario è stato pari al 26% in Calabria, 19% in Basilicata, 15% in Campania, 12% in Sicilia. Mentre il record di aumento del costo dei biglietti è stato in Piemonte con +47%, mentre è stato del 41% in Liguria e del 25% in Abruzzo e Umbria, a fronte di un servizio che non ha avuto alcun miglioramento.
Manca totalmente una regia nazionale rispetto a un tema che non può essere delegato alle Regioni senza controlli. Anche perché da Berlusconi a Renzi, chi è stato al Governo in questi anni ha una forte responsabilità rispetto alla situazione che vivono i pendolari. Rispetto al 2009 le risorse da parte dello Stato per il trasporto pubblico su ferro e su gomma sono diminuite del 25% con la conseguenza che le Regioni, a cui sono state trasferite nel 2001 le competenze sui treni pendolari, hanno effettuato in larga parte dei casi tagli al servizio e aumento delle tariffe.
“Il trasporto pendolare dovrebbe essere una priorità delle politiche di Governo – ha dichiarato il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini – perché risponde a una esigenza reale e diffusa dei cittadini e perché, se fosse efficiente, spingerebbe sempre più persone ad abbandonare l’uso dell’auto con vantaggi ambientali, climatici e di vivibilità delle nostre città. Eppure, un cambio di rotta delle politiche di mobilità ancora non si vede. Nella Legge di Stabilità non c’è nessuna risorsa per l’acquisto di nuovi treni o per il potenziamento del servizio, mentre gli stanziamenti erogati dalle Regioni sono talmente risibili da non arrivare, in media, nemmeno allo 0,28% dei bilanci. La nostra mobilitazione a fianco dei pendolari – continua Zanchini – punta a cambiare questo stato di cose. Governo e Regioni devono impegnarsi concretamente per migliorare il trasposto pubblico su ferro”.
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