Il presidente del Consiglio regionale al convegno su “Governance europea tra Lisbona e fiscal compact”: “E’ la democrazia nei territori che permette di alimentare un ciclo virtuoso. E non credo che oggi l’Italia e l’Europa possano farne a meno”
“Le vicende degli ultimi anni, che sono partite dalla bocciatura della Costituzione europea in Francia e Olanda, sino all'importante consenso di formazioni politiche antieuropeiste, dimostrano quanta distanza c'è tra la 'domanda politica' espressa anche in quel voto e la risposta che ne è venuta. In Europa c’era già la paura, ed ora c’è anche la crisi; nonostante i passi in avanti del trattato di Lisbona, in questi anni il patto di stabilità e il fiscal compact hanno determinato una escalation di rigore, con una insufficiente Europa politica, che non ha attenuato il calo di fiducia dei cittadini nei confronti dell’Unione europea”. Così il presidente del Consiglio regionale, Piero Lacorazza, ha aperto i lavori dell’ultima giornata del convegno organizzato a Roma dall’Istituto di studi sui sistemi regionali, federali e sulle autonomie “Massimo Severo Giannini” (Issirfa – Cnr) su “Governance europea tra Lisbona e fiscal compact: ordinamento nazionale e integrazione economica e politica europea”.<br /><br />Lacorazza, che ha presieduto la sessione di lavoro su “I vincoli europei nella definizione delle politiche nazionali e la residua sovranità nazionale”, si è chiesto appunto “chi esercita oggi la residua sovranità nazionale? Può reggere un centralismo motivato da una maggiore funzionalità che finisce per rendere residuali le istituzioni del territorio?”.<br /><br />“Per la mia generazione, la generazione Erasmus, quella della libera circolazione delle merci e delle persone – ha aggiunto il presidente del Consiglio regionale della Basilicata – l’Europa come vincolo e non come opportunità è una cosa che non si digerisce facilmente. L’Europa può essere nuovamente percepita come opportunità, ma a condizione che abbia piena sovranità, sviluppando pienamente il rapporto tra politiche di coesione e istituzioni di prossimità. Dalla crisi si esce cioè con più potere all'Europa e più potere alle istituzioni locali riformate. E’ la democrazia nei territori che permette di alimentare un ciclo virtuoso. E non credo che oggi l’Italia e l’Europa possano farne a meno”.<br /><br /><br /><br /><br />