“Nel 2016 la metà dei ragazzi tra i 6 e i 17 anni non ha letto alcun libro che non fosse scolastico, in Sicilia 3 su 4. Il 15% dei giovani fino ai 24 anni non consegue un diploma. Un quindicenne su quattro non ha le capacità minime in matematica e uno su cinque riguardo alla lettura. Sono 1,1 milioni i minori che vivono in povertà assoluta in Italia e 2 milioni in povertà relativa. La cronaca ci restituisce quotidianamente, anche per il moltiplicarsi infinito delle fonti, storie di barbarie che riguardano minori o giovanissimi: la 15enne stuprata in diretta facebook a Chicago, il suo coetaneo portato al guinzaglio e violentato a Vigevano, il 13enne abusato da 11 minori a Giugliano. Una ferocia che non conosce età minima, sesso, nazione, anche perché proprio la ‘SOCIALizzazione’ del mondo porta a essere filmati e filmare, fotografati e fotografare in qualsiasi parte del mondo, con effetti emulatori che si diffondono ovunque, proprio come le fonti, ed evoluzioni neppure immaginabili”. Lo dichiara, in un comunicato stampa, Valeria Giorgio in Fasulo dell’associazione”Il Popolo della famiglia”.
“Ma quale è il terreno più fertile perché questo tipo di fenomeni, sempre più diffusi e deleteri, alberghino e affondino le proprie radici? L’ignoranza, la non conoscenza, l’ozio, la noia, il vizio, l’ignavia, la non volontà, il disinteresse: per assurdo, in un mondo fatto di comunicazioni è l’incomunicabilità. L’istruzione deve tornare a essere il perno attorno al quale far ruotare la crescita culturale, sociale, antropologica dei ragazzi. L’analfabetismo di ritorno, quando non si tratti di analfabetismo vero e proprio, la povertà educativa, la mancanza di stimoli nel presente e prospettive per il futuro, rappresentano il quadro all’interno del quale si sviluppano comportamenti sempre più preoccupanti, forse presenti anche nel passato, ma che certamente oggi hanno una più vasta eco e, dunque, una pervasività, a tutti i livelli, maggiore e spesso più deleteria. La scuola deve essere alleata della famiglia e, il fattore economico, non può rappresentare un discrimine acché i meno abbienti possano vivere situazioni di difficoltà, che vadano a sommarsi a quelle già presenti. Ripartire dalla formazione dei ragazzi deve essere un imperativo e, perché ciò avvenga in maniera completa e inclusiva, i programmi, il personale tutto, soprattutto i docenti, devono essere in grado di rispondere efficacemente a un mondo in evoluzione rapida e costante, adeguando linguaggi, metodi e percorsi, ponendo sempre e comunque la persona al centro”.
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