Se valorizzare i prodotti nazionali che incorporano saperi, tradizioni e stile italiano e combattere il fenomeno dei falsi sono obiettivi prioritari per le pmi e l’artigianato di tutti i settori, in quello della moda-abbigliamento hanno un significato ancora più importante. Ad affermarlo è Rosa Gentile, vice presidente nazionale Confartigianato con delega al Mezzogiorno, ricordando che nelle regioni del Sud sono complessivamente 7.468 le ditte artigiane di abbigliamento tessile e in pelle. Secondo la “mappa” di Confartigianato al primo posto c’è la Puglia (1.751 abbigliamento e 293 pelle), seguita da Campania (1.711, 553), Sicilia (768, 134), Abruzzo (707, 324), Calabria (495, 54), Sardegna (307, 76) Basilicata (183, 10) e Molise (90, 11).
La progressiva perdita di competitività dell'industria europea e conseguentemente italiana del tessile/abbigliamento/calzaturiero – aggiunge Gentile – si è acuita sempre più con il venir meno delle regole introdotte dall'Accordo Multifibre, grazie al quale era stato possibile disciplinare i flussi in Europa di prodotti provenienti dai paesi in via di sviluppo o di cosiddetta nuova industrializzazione. Dalla situazione che si venuta a creare, l'Europa è risultata la più accessibile e permeabile, tra le maggiori aree geografiche di consumo a livello mondiale, alle importazioni di prodotti tessili e dell'abbigliamento provenienti dalle aree asiatiche. Il fenomeno delle importazioni di massa si è sentito in modo particolare nel settore della moda nel suo complesso, ma di fatto ha investito una serie di settori che sono principalmente quelli di punta del Made in Italy, come l'arredo e l'alimentare, dando luogo a violazioni sull'indicazione di origine dei prodotti a tutto danno della nostra industria manifatturiera, oltre che del consumatore.
Nel sottolineare che l'associazione ITF, Italian Textile Fashion, è l'organismo di coordinamento delle Camere di Commercio per la valorizzazione e la tutela della filiera moda, ed, in quanto organismo delle Camere di Commercio, in grado di garantire l'assoluta veridicità di una certificazione di tracciabilità di un processo produttivo, Gentile afferma la necessità dell'istituzione di un sistema di etichettatura dei prodotti finiti e intermedi per evidenziare il luogo di origine di ciascuna fase di lavorazione e assicurare la tracciabilità dei prodotti stessi, per consentire ai consumatori di ricevere un'adeguata informazione sul processo lavorativo dei prodotti e per valorizzare quelli interamente realizzati nel territorio italiano.
“La sartoria artigiana – sottolinea ancora la vice presidente nazionale Confartigianato – è culla dell’alta moda italiana e il segreto del suo successo. Ma negli ultimi vent’anni è stata abbandonata a se stessa, scarificata sull’altare della moda di massa e delle griffe. Per fortuna la globalizzazione, la massificazione e l’omologazione hanno scatenato un fenomeno di pari forza ma opposto: la voglia di personalizzazione, originalità, qualità e buon gusto.
“Il sistema moda – continua Gentile – non è solo grandi firme, ma è anche una vasta rete di piccoli artigiani, che dal disegno al taglio realizzano capi unici. La sartoria artigianale nonostante, o forse grazie alla crisi, è un settore ancora vivace, ed il sarto è una professione "a tutto tondo" riscoperta da giovani e meno giovani che voglio distinguersi. Il segnale più incoraggiante sul risveglio del settore è che il 17% delle imprese sono imprese giovani con titolari sotto i 35 anni. Un bel risultato visto che solo qualche anno fa una delle maggiori difficoltà era proprio il ricambio generazionale". "La ricetta vincente –continua – è dunque presentarsi sul mercato con creatività e qualità. Lo spazio c'è. Oggi sappiamo che tra le professioni più richieste ci sono quelle di sarta modellista, professionalità importanti in cui la disponibilità è ancora superiore all'offerta".
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