“Gli operai della Fiat di Melfi non hanno nulla da temere dalle dichiarazioni dell’a.d. Marchionne sulla volontà di estendere agli stabilimenti Sata e di Cassino il nuovo modello di contratto che entrera' in vigore nelle fabbriche di Pomigliano e Mirafiori. Piuttosto dopo l’esito del referendum di Mirafiori si impone la necessità di accelerare l’attuazione del piano di investimenti a cominciare dall’anticipazione per il sito di Torino, che significherebbe passare da un anno e mezzo ad un anno per poter verificare il piano stesso, i diritti applicati e l’importante investimento complessivo (20 miliardi di euro)”. E’ quanto sostiene il segretario della Uilm Vincenzo Tortorelli, per il quale “ogni confronto in tal senso con Marchionne dovrà avvenire contestualmente ai due aspetti: organizzazione del lavoro e nuovi investimenti finalizzati al secondo modello a Melfi e all’avvio dell’attività di ricerca del Campus Tecnologico. Quanto invece alle proposte, in verità non nuove, di alzare i salari e di discutere nel merito della partecipazione degli operai agli utili del gruppo automobilistico, Marchionne – aggiunge Tortorelli – troverà un sindacato più che disponibile ad affrontare temi che da tempo ha posto all’attenzione della fabbrica simbolo dell’industria “made in Italy” . Siamo consapevoli di quello che ci circonda e per questo vogliamo governare i processi e non essere travolti. La FIAT fa male ad agitare la globalizzazione come uno spauracchio per i lavoratori, ma è indubbio che una parte del Sindacato fa male ad arroccarsi a difendere ciò che non è più difendibile. La UIL e la UILM – afferma Tortorelli – pensano che in un mondo che cambia anche il Sindacato deve cambiare e modernizzarsi, perciò non è sul costo del lavoro che dobbiamo intervenire, semmai c’è la necessità di far crescere i salari non solo direttamente con più soldi anche indirettamente attraverso una politica fiscale che premi il lavoro e non le rendite e le speculazioni finanziarie come succede oggi. Accettare la sfida di Marchionne significa proprio questo: costringere il mondo dell’impresa a scommettere nuovamente sul nostro Paese e a misurarsi con il tema della produttività. Ma – continua il segretario della Uilm – purtroppo, come dimostra questa fase che fa seguito al referendum di Mirafiori, la politica non ci aiuta: troppo autoreferenziale e litigiosa. Un Paese che deve scommettere sulla qualità del lavoro, su prodotti sofisticati, sull’originalità delle sue produzioni non può permettersi tagli così drammatici alla ricerca, alla scuola, all’Università. Non può perdere le sue intelligenze migliori. E come Sindacato non possiamo limitarci alla denuncia, allo scaricare le responsabilità sulla politica o sull’ avidità del nostro sistema industriale. Noi, per assolvere al nostro compito, dobbiamo assumerci le responsabilità, dobbiamo accettare le sfide che si chiamano produttività, efficienza e competitività in cambio di salari più alti e un lavoro più stabile e duraturo. Non ci sono alternative a questo compito, pena la nostra rapida, inesorabile marginalizzazione”.
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