“A parte voler ricordare che già qualche anno fa Marchionne si impegnò a garantire la piena capacità produttiva degli impianti italiani, attraverso il Piano Fabbrica Italia (che fine abbia fatto lo sanno bene i migliaia di lavoratori in cassa integrazione o addirittura in mobilità), è evidente che il dichiarare che forse tra 3-4 anni si potrà giungere al pieno impiego di tutti i lavoratori Fiat è un modo elegante per dire che ci sono molti, ma molti rischi per i dipendenti del gruppo torinese. Questo giusto per evitare di ripetere con gli stessi toni enfatici gli errori di qualche anno fa (si vedano le dichiarazioni degli stessi protagonisti di oggi, all'annuncio di Fabbrica Italia)”. Così dichiara in una nota stampa il Segretario Generale della Cgil Basilicata Alessandro Genovesi.
“Dobbiamo essere tutti consapevoli – ha continuato — che tali nuovi modelli sarebbero insufficienti a garantire gli attuali livelli occupazionali di Sata ed indotto. Quindi vigilare, incalzare: questi i termini più corretti che dovrebbero essere usati dai protagonisti politici e sociali altro che gioire, altro che rivendicare con entusiasmo chissà quali successi, visto che finora di concreto ci sono solo le settimane passate in cassa integrazione e quelle che ancora si dovranno passare. Per questo riteniamo strategico mantenere per oggi la produzione della nuova Punto esclusivamente su Melfi (ma su questo non sono giunte rassicurazioni di sorta, forse questo è sfuggito a qualcuno) e lavorare già da subito per quei modelli a minor impatto ambientale, a nuova propulsione, ecc. che possano garantire per quantità e valore il lavoro di tutti e non solo di una parte dei lavoratori”.
“Infine – ha chiuso Genovesi – non può non colpire chiunque creda nel sano principio della democrazia il fatto che il Presidente del Consiglio si sia accuratamente sottratto dall’affrontare, all'interno del suo ragionamento su Fiat e sulle sue prospettive in Italia, il tema fondamentale della necessità di evitare odiose discriminazioni come quelle che sono avvenute e avvengono nella principale azienda del Paese. Discriminazioni verso chi vuole liberamente iscriversi al sindacato che ritiene migliore, discriminazioni di un'azienda che riconosce come interlocutori solo quei soggetti (oggi sindacali, domani magari istituzionali o territoriali) che sono d'accordo con lei, e via di questo passo”.
bas 06