di Maurizio Bolognetti, Direzione Radicali Italiani e Segretario Radicali Lucani
Lo hanno chiamato “Sblocca Energia”, in realtà l’unica cosa che riuscirà a sbloccare è il definitivo assalto da parte delle multinazionali dell’oro nero alla terraferma e ai mari del Bel Paese, dall’Adriatico al canale di Sicilia, passando per il golfo di Taranto e il mar Ionio, dalla Basilicata all’Abruzzo.
Questo “Governo del fare” ha deciso che alcuni territori dell’italico stivale dovranno essere sacrificati sull’altare di una politica energetica miope, senza respiro e senza prospettive, rivolta ad un passato “fossile” anziché ad un futuro che assecondi la necessità di scongiurare l’ecocidio planetario in corso.
E’ il caso della Basilicata, dove già oggi si estrae circa l’80% del greggio succhiato dal nostro sottosuolo e dai nostri mari.
Matteo Renzi è l’esecutore materiale di un disegno che parte da lontano e che, a ben vedere, asseconda gli interessi delle petrolobby che di certo non coincidono, in questo caso, con la tutela degli interessi della collettività.
A spiegarcelo con chiarezza, a chiarire l’operazione in corso, è stata la giornalista del Sole24ore Celestina Dominelli, che il 30 luglio scorso faceva sapere ai suoi lettori che “dietro una delle dieci linee guida dello ‘Sblocca Italia’ c’è tutto un lavoro firmato da Assomineraria” , cioè dall’Associazione delle compagnie petrolifere operanti in Italia.
L’espressione “linee guida” fa un po’ sorridere se penso che a breve il 77% del territorio lucano potrebbe essere vincolato da titoli minerari. Fa sorridere se penso che già oggi nella Basilicata Saudita, nella Valle dell’Agip, le attività di estrazione idrocarburi vengono svolte a ridosso di invasi, sorgenti, centri abitati, aree a rischio frana e a rischio sismico, zone Sic(Sito di interesse comunitario) e Zps(Zone di protezione speciale), parchi nazionali.
Un’autentica follia che pone una pesante ipoteca su una risorsa ben più preziosa dell’oro nero: l’acqua.
Sì, l’acqua delle dighe lucane, delle sorgenti di una regione che è un unico bacino idrico di superficie e di profondità.
Probabilmente, però, lo Zelig fiorentino questo non lo sa e preferisce liquidare la questione con la consueta spocchia e superficialità.
Ma per cosa stiamo rischiando di devastare i nostri mari e fette importanti del nostro territorio? Qual è il vantaggio? Dicono che occorre estrarre tutto il greggio presente nel nostro sottosuolo e nei nostri mari per alleggerire la bolletta energetica.
E i costi rappresentati dagli “effetti collaterali” di attività che notoriamente impattano pesantemente su tutte le matrici ambientali?
Le riserve di greggio certe, presenti nel nostro sottosuolo, dovrebbero essere prese in considerazione solo in caso di reale necessità. Oggi questa necessità non c’è, e affermare che conviene estrarre è una panzana, anche perché le compagnie che operano in Italia, non essendo dame di carità, non vendono il greggio estratto a prezzi scontati.
Per essere ancora più chiari, rischiamo di produrre inquinamento per estrarre un quantitativo di oro nero appena sufficiente a coprire poco più di un anno del nostro fabbisogno.
Signor Presidente del Consiglio, questi costi li ha calcolati? O pensa di poterli scaricare sulle future generazioni, magari in barba all’art. 3-quater del Codice dell’Ambiente e del principio di precauzione recepito dal Trattato di Mastricht e dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea?
Presidente Renzi, ha mai sentito parlare dell’art. 3-ter del Codice dell’Ambiente, nel quale si afferma che: “la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali deve essere garantita mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell’azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonche' al principio «chi inquina paga» che, ai sensi dell'articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità in materia ambientale”?
Presidente Renzi, lo sa che in Basilicata sono stati censiti oltre 400 siti contaminati dalle attività di trasporto, prospezione ed estrazione idrocarburi?
No Presidente, probabilmente Lei non sa e non vuole sapere, da degno Premier di uno Stato, il nostro, che è Stato canaglia in materia di amministrazione della giustizia, così come lo è in materia di ambiente e tutela della salute umana.
Non a caso siamo tra i Paesi dell’Unione che vantano il maggior numero di procedure d’infrazione per violazione delle Direttive comunitarie in materia di ambiente.
E inevitabilmente la reiterata strage di legalità, per dirla con Marco Pannella, si fa strage di popoli: a Taranto come in val d’Agri, a Crotone come a Gela.
No, non mi stupisco che il Presidente del Consiglio di uno Stato incapace di rispettare la sua propria legalità non prenda in considerazione gli effetti collaterali dello “Sblocca Energia”.
Dov’è, mi chiedo, la “pubblica utilità” sbandierata negli articoli 37 e 38 di una legge che, a Titolo V ancora vigente, presenta tra l’altro evidenti profili di incostituzionalità?
Come commentare una legge che affrontando la questione subsidenza pretende di stabilire anche i tempi di reazione di madre natura?
Presidente Renzi, sa che in Basilicata non è stata mai istituita quell’anagrafe dei siti da bonificare prevista fin dal Decreto Ronchi?
Il Presidente Renzi, Assomineraria, UPI e Federpetroli, sanno che in Val d’Agri è stata autorizzata la reiniezione delle acque di strato provenienti dalle attività di estrazione idrocarburi, in aperta violazione della delibera del 4 febbraio 1977 del Consiglio dei Ministri per la tutela delle acque dall’inquinamento?
“Sblocca Energia”? No, sblocca trivelle costi quel che costi, e anche a costo di una ulteriore compromissione di delicati equilibri idrogeologici in un Paese in cui il dissesto idrogeologico è sempre più chiaramente figlio del dissesto ideologico.
A chi chiede le ragioni del mio no ad ulteriori trivellazioni sulle coste e la terraferma, dico che è un no che non nasce da un pregiudizio. E’ il no di chi vorrebbe che si discutesse seriamente di energia, magari partendo da un prezioso documento consegnato dal Partito Radicale al World Urban Forum 2012 e intitolato “La crisi del weltstadt e la nuova alleanza con la natura: verso l’era post-consumista”.
E’ il no di chi vorrebbe interrogarsi sulle conseguenze teoriche e pratiche di un modello di sviluppo che teorizza la crescita illimitata in un mondo dalle risorse finite e limitate.
Il no di chi ritiene che occorra sanare il conflitto tra tecnosfera ed ecosfera. Il no di chi dice teniamoci il nostro greggio come riserva strategica: non abbiamo urgenza di estrarlo.
A quel mondo petrolifero che segue con attenzione i miei interventi, rivolgo l’invito a leggere un documento licenziato dalla Commissione Europea nel maggio 2011 e intitolato “La nostra assicurazione sulla vita, il nostro capitale naturale: strategia dell’Ue sulla biodiversità fino al 2020”.
Nell’introduzione al testo citato tra l’altro si legge che “l’attuale tasso di estinzione delle specie è senza precedenti: principalmente a causa delle attività umane, la velocità con cui attualmente le specie si estinguono è da cento a mille volte superiore al tasso naturale[…]Nell’Unione Europea solo il 17% degli habitat e delle specie e l’11% degli ecosistemi principali protetti dalla legislazione europea godono di uno stato di conservazione soddisfacente”.
Vogliamo parlarne? Parliamone e parliamo anche dell’overshoot day che arriva sempre prima, di debito ecologico, di consumo del suolo e dei documenti prodotti dagli scienziati di quell’organismo delle Nazioni Unite chiamato IPCC(Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico).
Io ci sto a confrontarmi anche con Assomineraria e Federpetroli su questi temi, ma nell’attesa che il Parlamento di una Repubblica in agonia, soffocata dall’assenza di Stato di diritto, trovi la forza di opporsi a un disegno scellerato, occorre mobilitarsi a salvaguardia di coste e territori, del diritto alla salute e del diritto alla conoscenza. Dobbiamo farlo per non consegnare alle future generazioni solo macerie.