La maggior parte delle donne che lasciano il lavoro ha un’età compresa tra i 26 e i 35 anni
Il numero delle dimissioni registrate nell’anno 2011 in Basilicata è pari a 114 unità, di cui 113 donne (lavoratrici madri) e un uomo (lavoratore padre).
L’età
La fascia di età maggiormente interessata è quella compresa tra i 26 e i 35 anni (77 donne e 1 uomo). Nella fascia di età compresa tra i 36 e i 45 anni hanno scelto di dimettersi 26 donne, mentre 10 lavoratrici, tra i 19 e i 25 anni, hanno deciso di rimanere a casa.
L’azienda
Il maggior numero di dimissioni ha riguardato le aziende con dipendenti fino a 15 unità.
Il settore interessato è stato soprattutto il commercio (n.46), seguito dai servizi (n.43) e dall’industria (15). La distribuzione regionale per anni di anzianità di servizio mostra una elevata concentrazione nella classe di età nei primi 3 anni di impiego (n.81 dimissioni), segue la classe tra i 4 e 10 anni (n.12).
Le cause
Nella casella “motivazione dimissioni”, 48 donne lavoratrici intervistate hanno indicato: “desiderio di cura della prole in maniera esclusiva”. Ma ad influire sulla scelta di rimanere a casa ci sono anche la carenza di asili nido (n.29), e l’assenza di parenti di supporto che possano occuparsi dei figli quando la madre è al lavoro (17).
Il sommerso
E’ in quelle 48 donne che si sono dimesse per assistere la prole che vanno ricercate le vere motivazioni e, probabilmente, i “licenziamenti indotti”. Non sono rari i casi, infatti, di lettere di dimissioni firmate alla stipula del contratto di lavoro. Ma è anche frequente, per una donna, dover abbandonare il posto di lavoro per incompatibilità a gestire sia il ruolo di madre e moglie in famiglia, che quello di lavoratrice nella società. L’assenza di nidi e servizi ludici e ricreativi, infatti, pesa fortemente sulla decisione della donna di rimanere a casa, così come influisce, sul bilancio economico della famiglia il ricorso alla baby sitter. Molte donne preferiscono quindi abbandonare il posto di lavoro invece che ricorrere alla baby sitter, per motivi prettamente economici. Inoltre non sono da sottovalutare la precarietà del lavoro (che induce le donne ad investire meno nell’attività lavorativa) e la mancata concessione del part time o dell’orario flessibile.
zac