Dati Svimez, Cifarelli: mutare il sud da problema a risorsa

“E’una sfida difficile ma non impossibile: l’Italia può riprendere a crescere se cresce il Mezzogiorno; una strategia per il Sud diventa automaticamente strategia per l’Italia”

&ldquo;Puntuale da qualche anno a questa parte arriva la consueta lettura &lsquo;anticipata&rsquo; della congiuntura da parte della Svimez, e con essa arriva il suono della campana che sprona le classi dirigenti ad occuparsi del Mezzogiorno altrimenti destinato a diventare un &lsquo;guscio vuoto&rsquo;. Ma nonostante i ripetuti richiami, la politica sembra avere altre priorit&agrave;. Oggi l&rsquo;immigrazione e l&rsquo;autonomia differenziata, ieri una fantomatica &lsquo;questione settentrionale&rsquo;. Lo afferma il consigliere regionale di Comunit&agrave; democratiche, Roberto Cifarelli, nel commentare i dati Svimez.&rdquo;<br /><br />&ldquo;Constatare che l&rsquo;emorragia demografica ha toccato quota 2 milioni negli ultimi quindici anni (vale a dire che dal Sud &egrave; scomparsa mezza Puglia ovvero una citt&agrave; come Napoli), di cui il 50 per cento giovani e il 30 per cento laureati, nel mentre l&rsquo;immigrazione compensa solo per met&agrave; questa emorragia ma con persone di bassa scolarizzazione, rompendo cos&igrave; l&rsquo;equilibrio economico generazionale, evidentemente &ndash; sottolinea il consigliere – non &egrave; ritenuto ancora motivo sufficiente per porre la questione meridionale al primo posto delle emergenze nazionali e quindi favorire specifiche politiche che puntino ad arrestare la desertificazione sociale. E&rsquo; evidente che l&rsquo;inaridimento di politiche pubbliche per il Sud ha inciso profondamente sulla qualit&agrave; dei servizi erogati ai cittadini, aumentando il divario con il Nord sia quanto a quantit&agrave; e qualit&agrave; di infrastrutture sociali, che quanto a diritti di cittadinanza quali sicurezza, adeguati standard di istruzione, di servizi sanitari e di cura. Il tema spopolamento, poi, spesso viene posto dalle classi dirigenti locali, e l&rsquo;ultima competizione per le regionali ne &egrave; l&rsquo;esempio, solo come argomento per una buona campagna elettorale, ma nulla pi&ugrave;. Nel contesto meridionale anche la Basilicata non &egrave; immune da questo dramma: tutte le famiglie vivono la tragedia di qualche familiare che parte e non rientra pi&ugrave;. Questo fenomeno spopola il Sud e l&rsquo;unica causa &egrave; la mancanza di una prospettiva di lavoro. La sfida di un governo nazionale serio dovrebbe essere quella di costruire le condizioni per far rimanere o far rientrare al Sud chi &egrave; andato a studiare o a fare esperienze di lavoro al Nord o oltre confine. Invece, proprio di fronte al &lsquo;Rapporto Svimez&rsquo; ed ai suoi dati a dir poco allarmanti, gli esponenti di spicco del Governo, normalmente bulimici quanto a uso dei social, non hanno avuto neanche la bont&agrave; di esprimere commenti. Sarebbe il caso di abbandonare l&rsquo;ottica di un Sud che va assistito nella povert&agrave; e impegnarsi per aiutarlo a crescere nello sviluppo, perch&eacute; non &egrave; pensabile che singole politiche regionali possano essere da sole sufficienti ad arginare un fenomeno che &egrave; economico, ma anche culturale e sociale. Ancora oggi a fronte di una popolazione meridionale pari al 34 per cento sul totale nazionale corrispondono investimenti pari al 28 per cento, e quanto a spesa pro capite il rapporto tra Sud e Nord e 1,5 a 4&rdquo;.<br /><br />&ldquo;Agli interessanti segnali lanciati nel passato dai governi Renzi e Gentiloni (Patti per il Sud, Zone Economiche Speciali, Decreto Mezzogiorno), ed all&rsquo;azione svolta con la precedente Giunta regionale (specifiche misure per i giovani diplomati e laureati come il bando &ldquo;Under 35&rdquo;, tutt&rsquo;ora in corso, l&rsquo;intenso lavoro su innovazione nelle imprese, cultura d&rsquo;impresa, start up, ricerca), che pure un qualche risultato hanno portato, viste le positive performance della Basilicata nel contesto meridionale negli ultimi 5 anni, oggi &ndash; continua Cifarelli – assistiamo al vuoto di specifiche politiche oppure a slogan ancora una volta dal sapore elettorale quale la volont&agrave; di istituire una &lsquo;Banca per il Sud&rsquo; (senza chiarire con quali fondi), all&rsquo;idea (ma &egrave; solo una idea) di un nuovo &lsquo;Piano Marshall&rsquo;, oppure alla proposta (interessante) del ministro per lo Sviluppo di fare del Sud il centro nevralgico dell&rsquo;innovazione. Non si intravedono, per&ograve;, n&eacute; una strategia n&eacute; tanto meno una chiara visione di ci&ograve; che si vuol fare. Eppure, andrebbero fronteggiate con energia le emergenze occupazionali e sociali e trasportare le eccellenze che pure al Sud ci sono a competere sulle catene globali del valore, sfruttando i vantaggi competitivi in Italia ed in Europa. Ecco che va assolutamente riportato al centro del dibattito politico pubblico la &lsquo;questione meridionale&rsquo; senza vittimismi ma con nuove consapevolezze. Vanno costruite un&rsquo;alleanza ed un fronte comune a prescindere dai colori politici da parte di tutte le regioni del Sud (e, visti i dati, anche del Centro Italia) per evitare che poche regioni del Nord possano ipotecare il futuro dell&rsquo;intera nazione. Tutto questo cominciando dalla nostra regione dove il cosiddetto nuovo corso regionale sembra vivere ancora nel torpore post elettorale ed estivo&rdquo;.<br /><br />&ldquo;Occorre rovesciare il paradigma &ndash; conclude Cifarelli – e trasformare il Sud da problema a risorsa del paese. E&rsquo; una sfida difficile ma non impossibile: l&rsquo;Italia pu&ograve; riprendere a crescere se cresce il Mezzogiorno; una strategia per il Sud diventa automaticamente strategia per l&rsquo;Italia. E&rsquo; necessario realizzare opere ed infrastrutture sociali da farsi indipendentemente da chi temporaneamente &egrave; al Governo, attraverso un vero e proprio patto politico trasversale. Occorre averne consapevolezza ed agire di conseguenza&rdquo;.<br /><br /><br /><br />

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