Dal posteggiatore abusivo, custode di un improbabile parcheggio, allo shopping dagli ambulanti senza licenza che vendono merci contraffatte, al parrucchiere abusivo, il fatturato generato dall’abusivismo raggiunge un giro d’affari di 21,4 miliardi di euro. Secondo le stime elaborate da Confesercenti, siamo ad un valore molto elevato, pari al 13,8% del fatturato dei due comparti commercio e turismo. E che danneggia non solo le imprese che operano nella legalità, ma anche lo Stato, causando un danno erariale di 11,1 miliardi di euro in mancato gettito abusivi fiscale e contributivo.
I principali effetti negativi legati alla concorrenza da parte delle attività non regolari – sottolinea Prospero Cassino, presidente Confesercenti – riguardano ovviamente la perdita di fatturato per chi opera nel rispetto delle regole. Per alcune particolari categorie l’impatto economico è particolarmente sentito; è il caso ad esempio del commercio su aree pubbliche, dove la percentuale di operatori abusivi è piuttosto elevata. Il settore della ristorazione soffre principalmente della concorrenza sleale esercitata da attività temporanee di somministrazione di cibi e bevande in fiere, sagre, feste di paese, circoli privati e/o associazioni (di stampo culturale o religioso). Si tratta di forme commerciali, note e disciplinate da leggi e normative sia statali che regionali, che possono beneficiare di regimi fiscali di assoluto favore e che, in aggiunta, usufruiscono di agevolazioni rispetto agli obblighi igienico-sanitari e di sicurezza (norme particolarmente rigide e onerose per tutti i pubblici esercizi in regola): secondo la metà dei presidenti provinciali della Fiepet (federazione che rappresenta i pubblici esercizi) il divario di prezzo può facilmente superare il 20 per cento.
Inoltre, il commercio su aree pubbliche è tra i comparti più colpiti in assoluto dal fenomeno, con una percentuale di operatori abusivi molto elevata. Il 37% degli imprenditori intervistati nel corso dell’indagine Confesercenti Ref segnala nei diversi mercati una quota tra il 10 ed il 30% di abusivi. Una carica di illegali che causa un danno economico piuttosto consistente, soprattutto se si considera che, ad esempio, il divario di prezzo tra un capo di abbigliamento venduto da un’attività regolare ed uno ‘abusivo’ può arrivare al 20%. Il peso dell’abusivismo è particolarmente avvertito nel periodo estivo quando, soprattutto per quanto riguarda le località balneari, gli ambulanti si trovano a dover affrontare la concorrenza proveniente dai numerosi venditori abusivi sulle spiagge. In tal caso la metà degli intervistati ritiene che il danno economico, in termini di mancato fatturato, superi il 15 per cento.
Infine, la crisi finanziaria ed economica non ha influito negativamente sul mercato del falso: il numero medio dei pezzi sequestrati è cresciuto del 47.7 per cento tra il 2008 e il 2013. Si tratta perciò di un fenomeno che resta preoccupante e che ha effetti negativi sull’economia italiana. La tipologia di merce maggiormente colpita da falsificazioni sono gli accessori e i capi di abbigliamento, che insieme rappresentano il 56 per cento dell’insieme di sequestri effettuati nel 2013. A partire dalla stima del valore dei sequestri, pari a circa 500 milioni di euro, è facile rendersi conto che il valore economico delle merci contraffatte corrisponde a diversi miliardi di euro. I sequestri riguardino in buona misura prodotti tipici delle specializzazioni del made in Italy. Il danno per l’economia nazionale che deriva dalla circolazione internazionale di merci contraffatte è dunque anche superiore a quello che rileviamo sul territorio nazionale, visto che un prodotto a marchio italiano contraffatto in un paese estero può essere poi a sua volta venduto in un paese terzo, con perdita di quote di mercato da parte dell’industria nazionale. La contraffazione – afferma Cassino – diviene più difficile da combattere in un’economia globalizzata. La localizzazione del produttore di merci contraffatte è difatti più difficile da identificare e la persecuzione dei reati legati alla contraffazione può interessare le competenze di autorità afferenti a diverse nazioni. Soprattutto per imprese di dimensioni piccole può diventare pressoché impossibile agire legalmente contro soggetti non identificati e localizzati in paesi lontani.
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