Il convegno organizzato oggi dall’Università della Basilicata con al centro la presentazione dello studio “Il germoplasma olivicolo meridionale” per il mondo agricolo lucano, in particolare gli olivicoltori, è un contributo scientifico importante a sostegno dello sforzo teso a salvaguardare cultivar autoctone e a valorizzare le nostre produzioni di qualità di olio extravergine dop: lo dice Paolo Carbone della Cia-Confederazione Italiana Agricoltori della Basilicata. Le attese per l’apporto che può venire dall’Università – continua – sono rilevanti . A focalizzare l'attenzione su questo aspetto è stato Saverio Pandolfi, ricercatore del Cnr-Igv (Istituto di Genetica Vegetale del Consiglio Nazionale delle Ricerche), ha sottolineato che “l'olio extravergine d'oliva di qualità è il grasso più simile al latte materno”. Per il dirigente della Cia, il primo passo verso l’ulteriore qualità è programmare e gestire bene i programmi previsti nel nuovo Regolamento unico per finanziare l’aggregazione, l’innovazione, l’internazionalizzazione. Oggi “nell’organizzare della filiera dobbiamo superare la logica ‘difensiva’ di come ripartire tra le diverse componenti i bassi prezzi spuntati sul mercato. Dobbiamo invece pensare ‘insieme’ prima di tutto a come ‘creare valore’ e poi a ripartirlo con equità. Tutto ciò – continua – superando i punti di debolezza della filiera olivicola: presenza massiccia di oliveti ultrasecolari e spesso obsoleti, di oliveti ubicati in terreni acclivi e in generale in ambienti pedo-climatici marginali; carenza di manodopera specializzata; assenza di lotta alle frodi, assenza della Dop. Il pacchetto di proposte della Cia Basilicata prevede una serie di azioni da sviluppare in maniera adeguata. Inoltre, l’Oprol – organismo di categoria degli olivicoltori – continua ancora – intende anche sviluppare una filiera commerciale. Un progetto triennale-conclude – che vedrà coinvolta l’associazione con tutti i suoi tecnici che saranno presenti nelle aziende agricole, nei frantoi, nelle sedi periferiche dell’Oprol.
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