Cgil Basilicata su Statuto regionale

In questi giorni si sono tenute le audizioni e il percorso partecipativo per illustrare alla comunità regionale la nuova bozza di Statuto della Basilicata; percorso al quale la Cgil di Basilicata – si legge in una nota a firma della segreteria regionale – ha partecipato con una audizione e la consegna di una memoria scritta alla Commissione Consiliare competente.
Lo Statuto è la Carta di identità “politica” di una comunità, quella che riconosce i valori fondanti e i principi più importanti. Il processo di costruzione dello stesso è quindi un impegno democratico al quale è diritto e dovere di ogni cittadino e di ogni soggetto sociale partecipare.
La Cgil di Basilicata ritiene che nel nuovo Statuto vadano inseriti o meglio specificati alcuni principi fondamentali che risultano – allo stato delle cose – essere talvolta accennati in maniera generica, talaltra assenti o comunque non inseriti in una visione organica che ne consenta poi l’effettiva realizzazione.
Si tratta di questioni fondamentali che riguardano il lavoro  e le pari opportunità.
Rispetto al “vecchio” Statuto Regionale, infatti, nella nuova bozza, scompare ogni riferimento al lavoro.
Nello Statuto del 1971, il diritto al lavoro veniva riconosciuto e tutelato, mentre nei nuovi principi generali né il valore nè la funzione sociale vengono in alcun modo citati. Si parla, infatti, dei valori “del rispetto della vita, della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’eguaglianza, della tolleranza, della giustizia, della solidarietà, della laicità, della trasparenza (…) del rispetto di tutti gli altri esseri viventi e della tutela dell’ecosistema”.
Oltre ad inserire, quindi, tra i principi generali, il riconoscimento della funzione sociale del lavoro, a nostro giudizio andrebbe inserito un articolo ad esso specificamente dedicato, con una opportuna evidenza rispetto all’assunzione dell’occupazione (qualità e quantità) delle donne come fattore di valutazione dell’intero sistema economico.
Occorre, inoltre, riconoscere esplicitamente il diritto di uomini e donne ad un lavoro libero e capace di garantire una vita dignitosa ad ogni persona e l’impegno della Regione ad operare per rimuovere gli ostacoli di ogni tipo che possono limitarlo o impedirlo, a promuovere ed incentivare la piena occupazione di uomini e donne, concorrendo a misure atte a determinarne la qualità e la stabilità, a tutelare i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, attuando i principi della dignità e della sicurezza nel lavoro, a promuovere l’elevazione sociale dei soggetti e delle categorie svantaggiate, a favorire ed incentivare l’inserimento dei disabili nella società e nel lavoro, ad operare per garantire ai giovani in età lavorativa idonee condizioni di occupazione e la protezione contro ogni lavoro che ne può minare la salute e lo sviluppo psicofisico o metterne a rischio il processo formativo, a contrastare l’economia sommersa e favorire la regolarizzazione del lavoro, a promuovere l’effettiva tutela dei diritti sociali delle lavoratrici e dei lavoratori nei casi di perdita del posto di lavoro, di maternità, di malattia, di infortuni, di dipendenza o di vecchiaia anche mediante la realizzazione e gestione di servizi regionali complementari a quelli statali, a tutelare la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori soprattutto contro le molestie sessuali e la violenza psicologica sul luogo del lavoro, a promuovere la coesione sociale mediante forme di confronto preventivo di concertazione, di programmazione negoziata e di partecipazione che consentano un elevato livello di democrazia economica e sociale.
Rispetto alle pari opportunità tra uomini e donne (e quindi, anche rispetto ai temi della partecipazione e rappresentanza di genere), sempre nell’articolo 2 della nuova bozza (I principi generali), si afferma, in effetti, che “La Regione garantisce e promuove l’effettiva eguaglianza dei diritti e le pari opportunità tra uomini e donne”.
Se tale affermazione è importante, in quanto richiama tra i valori fondanti della comunità regionale, il valore delle pari opportunità tra uomini e donne, riteniamo sia, però, necessario declinare più approfonditamente il principio enunciato, al fine di consentire successivamente la definizione di meccanismi e azioni che possano garantirne l’effettività.
Nella bozza di Statuto, il principio viene richiamato in diverse occasioni.
Per quanto positivi, tali richiami, non vengono pero’ inseriti in una visione sistemica, che, a nostro giudizio, potrebbe essere recuperata inserendo un articolo dedicato al valore della rappresentanza di genere, come peraltro fatto anche in altri Statuti regionali.
Va esplicitamente evidenziato che la Regione riconosce e valorizza la differenza di genere nel rispetto della libertà e della dignità umana, che rimuove ogni ostacolo che impedisce la piena parità delle donne e degli uomini nella vita sociale, culturale, economica, politica, e in materia di lavoro, di formazione e di attività di cura, che si impegna ad assicurare le azioni di promozione della parità anche nelle fasi di pianificazione, attuazione, monitoraggio e valutazione delle azioni stesse.
E’ inoltre fondamentale un esplicito impegno ad adottare programmi, azioni ed ogni altra iniziativa tesi ad assicurare il pieno rispetto dei principi di parità, di pari opportunità e di non discriminazione ed il riequilibrio della rappresentanza tra donne ed uomini nelle cariche elettive nonché a promuovere condizioni di parità per l’accesso alle consultazioni elettorali e la presenza equilibrata dei due generi in tutti gli uffici e le cariche pubbliche; occorre richiamare, inoltre, che al fine di conseguire il riequilibrio della rappresentanza dei sessi, la legge elettorale regionale deve promuovere condizioni di parità per l’accesso di uomini e donne alla carica di consigliere regionale mediante azioni positive.
Sarebbe ugualmente importante prevedere, come fatto anche in altri statuti, un meccanismo di tutela rispetto ad eventuali esiti di referendum abrogativi che potrebbero compromettere la tutela del principio di parità di genere, determinando che il referendum abrogativo non è ammesso se l’esito positivo determina una riduzione del principio di pari opportunità.
Inoltre, andrebbe previsto il riconoscimento “specifico” degli organismi di parità, con un apposito articolo.

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