“Cosa è cambiato a Venosa per rendere fruibile e soprattutto di maggiore attrazione il parco archeologico, l’abbazia della SS Trinità, il castello-museo, così come evidenziato nel rapporto del Centro studi turistici Thalia inviato al Mibac? Dal servizio del Tg3 Basilicata del primo novembre scorso la risposta è secca: proprio nulla”.
Così in una nota Arturo Giglio, segretario del C.S. Thalia, per il quale la carenza del personale che obbliga all’apertura festiva dei siti culturali venosini solo per mezza giornata, disattenzioni e sottovalutazioni, non sono un’ “invenzione” del Thalia come qualcuno voleva far credere. “Il risultato – prosegue la nota – è di accontentarsi di un solo autobus di turisti calabresi che si ferma a Venosa per qualche ora per proseguire altrove. Eppure dalla 17esima Borsa del turismo archeologico di Paestum, appena conclusa, le indicazioni venute sono ben diverse a partire da un dato: l’intera filiera culturale italiana vale 214 miliardi di euro. Ne deriva un impatto importante in termini di pil (15,3 per cento del valore aggiunto Italia), di occupati, che raggiungono 1,4 milioni (5,8per cento occupati Italia), e di export: 41,6 miliardi (10,7per cento del totale Italia). Per meglio comprendere i margini di sviluppo del circuito virtuoso turismo-cultura la ricerca.
Sono dati che per il C.S. Thalia confermano come a Venosa non deve subentrare la rassegnazione di accontentarsi delle “briciole” perché una cinquantina di visitatori non bastano a risollevare l’economia locale e le attività degli operatori turistici del Vulture. Un’altra indicazione che viene da Paestum di cui far tesoro: per recuperare terreno bisogna puntare sulla politica delle tre 'D': digitale, design e diversificazione. Inoltre servono promozione, destagionalizzazione, commercializzazione e segmentazione dell'offerta. Tutti fattori -conclude Giglio – determinanti per rilanciare i siti culturali di Venosa e avviare la definizione di pacchetti Matera-Parchi Archeologici (oltre Venosa, Grumento, Metaponto e Policoro) che richiedono una condizione: meno convegni e parole e più fatti. Se vogliamo realmente convincere gli archeo-turisti a fermarsi di più in Basilicata e dopo i Sassi visitare altro”.
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