Blasi (Fi): Basilicata un laboratorio per il centrodestra

“Dietro la questione della Fondazione di Alleanza Nazionale non c’è solo il conflitto politico e generazionale fra gruppi e pezzi di classe dirigente della destra storica italiana. Il richiamo alle radici, ai valori. L’idea di quale percorso nuovo intraprendere. Lo scontro tra visioni è sempre affascinante e richiede anche l’ausilio degli storici”. Lo afferma Gianfranco Blasi, componente la direzione nazionale di Fratelli d’ Italia – An.
“Non essendo il mio vissuto – aggiunge Blasi – non intendo soffermarmi su quest’approccio. Sarebbe persino irrispettoso. Ma comparendo, dal congresso di Fratelli d’Italia Alleanza Nazionale di Fiuggi, come un dirigente nazionale di questo partito e provenendo dall’esperienza di “Officine”, il laboratorio politico che apriva l’esperienza della destra politica che fa riferimento a Giorgia Meloni, Guido Crosetto e Ignazio Larussa a mondi culturali più larghi, mi preme fare qualche considerazione sul futuro. Non si tratta di derubricare le ideologie. Penso che i campi di appartenenza culturali debbano marcare una identità. Nonostante quello che cantava qualche decennio fa Giorgio Gaber su cosa è la destra e cosa è la sinistra ritengo, infatti, che le differenze, al netto dei radicalismi, la cui valutazione affidiamo appunto agli storici, le differenze ci sono e debbano continuare a marcare le appartenenza. La politica ha i suoi esiti, uno dei quali è quello elettorale. Si compete per vincere ed essere maggioranza. Alla fine per governare i processi e non per subirli o solo criticarli da posizioni di nicchia. La vocazione maggioritaria è insita nei partiti moderni che si accompagnano alle leadership. E’ così in tutti i paesi occidentali.
Se, dunque, non si è capaci di cogliere il senso dello spirito maggioritario (fare maggioranza), non si può comprendere fino in fondo la necessità di costruire movimenti politici che contengano, nell’ambito di un campo dato, di valori e regole condivise, anche espressioni culturali non del tutto affini.
Capita a sinistra, per esempio, nel partito di Renzi, dove i così detti dem, di matrice post comunista coniugano la loro presenza nel Pd con riformisti, cattolici, socialisti e persino con qualche liberal. Appartengono alla grande famiglia social democratica europea, ma all’interno del Pd le differenze ci sono, si vedono e confliggono.
La crisi del berlusconismo, gli errori (non giudico) di Fini hanno reso vano nel centro – destra il tentativo che andava sotto il nome di Pdl. Ma, sostanzialmente, l’idea era quella di produrre dall’altro lato del campo, un emulo del Pd. La nuova legge elettorale potrebbe proporre un effetto di ricomposizione simile al Pdl, quello che giornalisticamente passa sotto il nome di listone.
Ecco allora che la tesi di Giorgia Meloni, di considerare FdI un punto di partenza della nuova destra italiana, prende forma. Avere una vocazione maggioritaria e guardare aldilà del semplice progetto di ricomposizione culturale e politica di un’area.
In questo sensi la mia adesione è forte e convinta.
Se mi trovassi dinnanzi ad un processo nostalgico o, peggio dentro un sistema di riposizionamento di pezzi, componenti e personalità della vecchia destra italiana, non avrebbe senso continuare questa esperienza.
Nel nostro piccolo, la vicenda potentina, materana e lucana sta dimostrando che guardando verso i corpi sociali, il territorio, le liste civiche, le identità locali è possibile dare contenuto alle aspirazioni maggioritarie. In questo senso siamo stati laboratorio senza snaturare l’antagonismo alla sinistra e il senso culturale di appartenenza.
Penso proprio che questa sia la strada”.
bas04 

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