Associazione Bene Comune su area industriale Val d’Agri

Intervento di Vittorio Prinzi, Associazione Bene Comune Viggiano“La volontà dell’Eni annunciata in questi giorni di portare a regime la V linea del Cova (Centro Olio Val d’Agri) nel giro di un mese con la visita all’impianto programmata per il 26 gennaio prossimo dall’assessore regionale all’ambiente Aldo Berlinguer, direttore dell’Arpab Edmondo Iannicelli, e il sindaco di Viggiano Amedeo Cicala per esaminare lo stato del Cansolv (la nuova tecnologia di processo attraverso cui Eni si propone di abbattere di almeno il 10% le emissioni di SO2- anidride solforosa – in atmosfera dell’impianto) riattualizza la discussione sulla localizzazione del COVA in Val d’Agri. A parere di chi, come me, ricorda bene quegli anni di impegno politico e amministrativo, l’analisi dei fatti porta alle seguenti considerazioni.A me sembra francamente inverosimile che l’ENI a suo tempo (1990/91) abbia individuato e indicato per l’insediamento del Centro Olio altra area, diversa da quella attuale, e che la scelta dell’area industriale di Viggiano sia dipesa esclusivamente da una volontà politica. Invece, piuttosto verosimile è che la classe politica del tempo non abbia contrastato la scelta dell’ENI di insediarsi in quell’area industriale, di suo interesse almeno per tre ordini di ragioni: tempi, infrastrutture, centralità. Per i tempi e l’accelerazione del processo di insediamento aveva a che fare solo con il Consorzio ASI di Potenza, che metteva a disposizione il suolo necessario e allora abbondante, senza passare attraverso l’acquisizione da privati; si trattava di un’area in buona parte infrastrutturata (acqua, fognatura, energia elettrica, strade…) e vicina alla Fondovalle dell’Agri SS 598 e, allora, al “mito” dell’Aviosuperficie di Grumento, che si sperava nel breve-medio periodo potesse diventare un piccolo aeroporto; inoltre, per la costruzione della rete di raccolta l’area era centrale rispetto all’intero giacimento petrolifero e Viggiano era il cuore dell’intera Alta Val d’Agri, che si reggeva come una zattera su un mare di petrolio (e non è un caso che circa i due terzi dei pozzi di estrazione siano stati realizzati proprio nel territorio di Viggiano). Quale area poteva avere per l’ENI requisiti migliori? Si era, in verità, ipotizzata un’altra area, quella dei Valloni, tra Viggiano e Montemurro, ma si trattava di una zona rurale, immediatamente a ridosso della Diga del Pertusillo, che avrebbe certamente creato maggiori problemi di tipo ambientale.Gli amministratori locali e regionali non contrastarono quella scelta perché con l’insediamento ENI contavano in un rilancio dell’area industriale di Viggiano, che giaceva in uno stato di profonda crisi, dopo il fallimento della prima industrializzazione (VI-CAP e VI-FOND), nei primi anni Ottanta, con decine e decine di cassintegrati, e quello della seconda industrializzazione, nel periodo post-terremoto, legata alla Legge 219/81, con stabilimenti che non erano riusciti nemmeno ad avviare l’attività. Pertanto, agli inizi degli anni Novanta, l’area industriale di Viggiano si presentava come un “cimitero” di aziende, vuote e semi-abbandonate. Solo poche, dopo enormi investimenti e incentivi pubblici, risultavano produttive, come la VI-FAS (oggi VI-BAC), appena avviata, la VI-DADI (oggi ELBE), la S.I.P.E.A., la F.I.L.I.M (oggi chiusa)… L’attività estrattiva e l’insediamento del COVA hanno senza dubbio ridato vita all’area e tutti gli immobili disponibili sono stati occupati da uffici e depositi di aziende che forniscono oggi servizi e prodotti all’ENI. Quindi, dal punto di vista del “rivitalizzazione” dell’area, la scelta della politica di allora ha prodotto effetti positivi. Tuttavia, non si può, alla luce di oltre vent’anni da quella scelta, dirsi felici, sia per gli effetti imprevedibili arrecati che per le dimensioni assunte dal Centro Olio, sia per il “monopolio petrolifero”. Infatti, contrariamente alle attese, non è sorta alcuna attività significativa e produttiva; l’unica produzione è il petrolio, l’unica azienda è l’ENI, e tutto il resto ruota attorno all’attività petrolifera ed è dato da aziende di “servizi alle imprese”. Che ne sarà, dunque, dell’area industriale della Val d’Agri a giacimento esaurito? Quando si assumeranno provvedimenti seri da parte della classe politica per renderla attrattiva con le risorse energetiche attualmente disponibili e a basso costo e consentire così l’insediamento di aziende “produttive” e occupazione, non legate ai destini del petrolio? Su questo occorre oggi impegnarsi politicamente, piuttosto che offrire, non prima di tanti ghirigori, calcoli ed indugi, il solito “popolare” contentino dei 300 euro di bonus gas ai cittadini di dieci Comuni della Val d’Agri. Tutti contenti, forse, ma… a quando lo sviluppo e i posti di lavoro?”.bas 03

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